Politica

«Mi ha guidato l’intuito femminile»

Rosalba Castiglia, a capo di Punta Raisi dal 2002: «I soccorsi tempestivi hanno potuto evitare un bilancio più drammatico»

Marianna Bartoccelli

nostro inviato a Palermo

Su una cosa tutti sono d'accordo: stavolta i soccorsi hanno funzionato ed è grazie alla loro tempestività che si sono salvati più del 50 per cento dei passeggeri dell'Atr 72. Sono cambiati i tempi da quando in quella terribile vigilia di Natale del '78 i piloti del Dc9 Alitalia che arrivava da Roma scambiarono il mare antistante all'aereoporto di Punta Raisi per una pista e l'areo si inabissò in quelle acque buie. Quella volta il primo venne dato da un peschereccio privato che, si disse, apparteneva al boss del contrabbando di sigarette Masino Spadaro. I soccorsi ufficiali arrivarono dopo e ci fu grande polemica.
Ieri nel mare di Palermo è avvenuto un piccolo miracolo di efficienza e sollecitudine: quasi in contemporanea agli allarmi del pilota dell'Atr tunisino sono partite le squadre della Croce Rossa, della Capitaneria, della Protezione civile e anche qualche gommone privato.
Tutto è stato reso più facile grazie ad un piccolo gesto di buon senso messo in atto dal direttore dell'aeroporto di Palermo. O meglio dalla direttrice, che si chiama Rosalba Castiglia e che occupa (prima donna in Sicilia) questo posto dal 2002. Ma che solo da marzo di quest'anno (da quando cioè ha vinto un apposito concorso) è ufficialmente a capo di ben quattro strutture aeroportuali certamente non facili. Oltre a Palermo, infatti, gestisce anche gli scali di Trapani, Pantelleria e Lampedusa.
Signora Castiglia ci racconti lei come è andata.
«Dopo il secondo allarme del comandante dell'aereo, che chiedeva di atterrare in emergenza, attorno alle 15.40 è stato chiuso l'aeroporto di Palermo. Lo prevedono i nostri protocolli, quando ci si trova in una situazione di emergenza. In pista era pronto a decollare un aereo dell'Air One diretto a Roma. Allora ho deciso di lasciarlo partire malgrado l'aeroporto fosse già chiuso e di chiedere al capitano di sorvolare la zona presumibile dell'incidente e potere così individuare esattamente le coordinate. Dopo pochi minuti il capitano ha comunicato i dati alla torre di controllo. Immediatamente quei dati sono stati girati a tutti i mezzi di soccorso, che così si sono potuti dirigere dritto all'obiettivo, risparmiando momenti preziosi».
Non ha avuto alcun timore a derogare dalla norma che prevede lo stop immediato di tutti i voli?
«Ho agito con buon senso. Lasciatemelo dire, con logica femminile. Ed è stata una decisione utile. Sono stati salvati tutti quelli che al momento dell'impatto sono rimasti vivi. Nessuno è morto per mancanza di soccorso».
La zona dell'incidente era a mezz'ora di mare dall'aeroporto, perché ha deciso di chiuderlo?
«Tutta la zona soccorsi interferiva con le rotte di atterraggio e di decollo. E in un primo momento pensavamo che relitti e passeggeri potevano essere trasportati da noi. Poi è stato deciso di raccogliere tutto sul molo della Capitaneria, al porto di Palermo. E allora, già alle 18,50 siamo tornati operativi».
Momenti difficili, nei quali bisogna essere pronti ad ogni decisione, pesa ancora che a dirigere una macchina così complessa sia una donna?
«Sono momenti di grande impatto emotivo ed è necessario avere tanta calma e buon senso. Doti che mi appartengono. C'è stata una grande collaborazione di tutto il personale e siamo riusciti a gestire ogni situazione anche quella di dover garantire a quelli che non potevano più partire l'ospitalità».
Insomma, è stato un battesimo difficile ma riuscito.
«Sono qui, dentro questa struttura da 26 anni, conosco persone e cose. Ho anche un appartamento in aeroporto, dove spesso rimango quando ne ho necessità, lasciando mio marito a Palermo. Non ho particolare difficoltà a svolgere questa professione, ma spesso è dura. Lavoro senza orario e subordino le esigenze familiari, che ho come ogni donna, a quelle professionali.

Ma riuscire a superare con efficacia situazioni come quelle di ieri è, malgrado il dolore che si prova per le vittime, motivo di orgoglio».

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