Michelle Obama di certo non è una contadinella

Caro Granzotto, il tg 1 ci ha informato che la first lady Michelle Obama ha annunciato con grande soddisfazione di avere coltivato parecchi chili di pomodori, cipolle, cavoli e altri ortaggi nel giardino della Casa Bianca, al posto delle inutili rose di Jacqueline Kennedy. Cavolo! verrebbe giustamente da dire. Veramente all’avanguardia, la Michelle. Niente a che fare con altre dame come Giuseppina Beauharnais, moglie di Napoleone I°, che nel giardino regale della Malmaison coltivò e creò una nuova specie di rose che porta il suo nome... E quanto erano stolti i grandi re francesi che edificarono quella meraviglia di bellezza chiamata Versailles... Il tutto, come anche Versailles, aperto anche al popolo due volte la settimana. Ma mi sorge un dubbio: quella era gente scapestrata e priva di senso pratico o la Michelle ha sbagliato mestiere e sarebbe stata più felice e appagata andando a dirigere i Mercati Generali?
Fiesole (FI)

Gente pratica, gentile lettrice, gli Obama. Gente che va al sodo. Un po’ appannata lei, la First Lady, fatta oggetto di isterica venerazione al momento del suo ingresso alla Casa Bianca, mi pare con un vestito giallo limone assai apprezzato dalle nostre giornaliste «sinceramente democratiche». Anche le bracciotte, che predilige tenere scoperte, registrarono un alto indice di gradimento e se ne scrisse molto, sottolineando come fossero sì “otte”, ma toniche. Credo che nei salotti buoni di Milano e di Roma andassero molto, a quei tempi, il giallo e le bracciotte. Il colpo gobbo la signora Michelle lo fece però con la storia del jardin potager, qualche zolla di bella e buona erba presidenziale da destinare orto. Fu fotografata, Mrs. Obama, china e ampiamente guantata - visto mai che s’imbrattasse le mani - mentre piantava broccoli. Le facevano da corona, in veste di aiutanti e consiglieri, il giardiniere capo della Casa bianca, il suo vice e nientemeno che il Segretario all’Agricoltura, Thomas James Vilsack. Strano che a lei, gentile lettrice, che pure mostra d’esser cultrice della materia, quella immagine idilliacamente bucolica - e pure così fuori luogo - non abbia fatto tornare alla mente Maria Antonietta. La quale proprio a Versailles ed esattamente dalle parti del Petit Trianon si fece tirar su un «hameau», un borgo, detto, appunto, «le hameau de la reine». Un minuscolo villaggio di una dozzina di casette, una fattoria, un mulino, una latteria oltre che diversi animali da cortile. Nei tempi felici, agghindata da contadinella - una contadinella tutto sete, pizzi e broccati, va da sé - la sposa di Luigi XVI amava trascorrevi interi pomeriggi in agreste semplicità, attorniata dalle sue dame e dai suoi cicisbei. «Ah, vivere semplicemente come i nostri bravi coloni! Una tazza di latte appena munto, una brioche...», ella sospirava distrattamente zappettando, con un arnese più leggero d’una piuma, una aiuola a onions, cipolle. Poi, quando s’era stancata di giocare, tornava a casa (una casa di 700 stanze, 2513 finestre, 1252 camini, 67 scale) e si metteva comoda. Ora è certo, la Casa Bianca non è Versailles e Michelle Obama non è Maria Antonietta di Asburgo-Lorena, però con la messinscena siamo lì. L’orto fa l’uomo morto, recita un antico proverbio contadino. Nel senso che averne cura significa spezzarsi la schiena. Ebbene, gentile lettrice, io ho una gran stima della First Lady: ma non ce la vedo a spezzarsi la schiena e a farsi venire, guanti o non guanti, i calli alle mani. Con quello che le costano le creme. Il suo orto presidenziale è un orto mediatico, se così vogliamo dire. Da fotografare e filmare, per la gioia dei gonzi, al momento della semina e a quello del raccolto.

Uniche due occasioni in cui Michelle Obama vi fa capolino (ma poi, a tavola con un ospite di riguardo, faccia conto un Walter Veltroni: «Prenda un po’ di insalata, questi sono i miei pomodori, i pomodori del mio orto!». «Ma nooo... Ma davvero? Che ventata d’aria nuova alla Casa Bianca, che change epocale, signora mia!»).
Paolo Granzotto

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