Milan, harakiri scudetto Troppo stanco per lottare

Milano Devono prepararsi ad alzare un monumento dalla parti di Vinovo. Non a Conte e nemmeno ai nuovi eroi della Juve. Meglio dedicarlo a quell’attaccante trattato come un lebbroso, Amauri, sì proprio lui, spedito a Firenze a gennaio per riacquistare un po’ di credito e considerato una sorta di sabotatore del mercato più recente di Marotta. Appena entrato a San Siro, al posto di un Ljalic svuotato di vitamine, Amauri ha la palletta giusta per far saltare il tappo del campionato e mandare ko il Milan. Certo, l’errore in partenza, è del solito Mexes che sbava un banale rinvio con la testa, la cui carambola si trasforma per Jovetic in un bell’invito, corretto al volo sui piedi del brasiliano di passaporto italiano, incapace di sbagliare. È il suo primo gol stagionale dopo una vita e una striscia di stenti: arriva proprio nel giorno più atteso del duello tricolore. Solo il calcio è capace di regalare questi riscatti improvvisi, basta saper attendere il momento propizio e inseguirlo con la fede necessaria. Decisiva la scelta di Delio Rossi, abile nel riproporlo non in partenza, su un prato traditore, ma nel finale quando il Milan è sulle gambe e la stanchezza oltre che la delusione della Champions stanno lavorando ai fianchi i campioni d’Italia. Quella zampata di Amauri può regalare alla Juve lo scudetto e al Milan una rovinosa delusione.
Amauri a parte, c’è da riferire di una Fiorentina viva e vegeta, nonostante i noti limiti, fisici e anche tecnici del gruppo restituito, sul piano psicologico, a una condizione più che accettabile. Stupisce proprio questo dei viola: non perde mai la testa nemmeno quando va sotto, nel primo tempo, su un rigore discutibile (Nastasic trattiene in modo quasi impercettibile Maxi Lopez), anzi sgabbia meglio del Milan, sfiora il bersaglio e nella ripresa, invece di consegnarsi al contropiede altrui, colpisce subito il Milan al petto appena c’è una distrazione collettiva. Incredibile la modalità con cui De Silvestri fa a fette la metà-campo rossonera scatenando la corsa di Jovetic che si ritrova solo davanti ad Abbiati senza nemmeno un dribbling.
A quel punto il Milan paga tutti i conti in sospeso. Paga il conto con la condizione fisica tradendo un deficit vistoso specie nel suo uomo simbolo, Ibrahimovic cioè, appesantito nella seconda frazione dalla stanchezza evidente. Paga il conto con una precaria salute della sua rosa: Zambrotta, messo in campo per sopperire agli acciacchi di Antonini e Mesbah, ne è lo specchio deformato, il ricorso a Cassano, non ancora abile ma arruolato per necessità, e allo stesso Aquilani (per la resa del coraggioso capitano Ambrosini) la conferma solenne. Paga il conto infine con una difesa meno puntuale di altre circostanze: ancora una volta Mexes risulta l’anello debole. Per tacere dello scadimento improvviso di alcune pedine: Emanuelson, per esempio, che in alcuni snodi precedenti fu capace di giocate decisive; Robinho che continua a collezionare una prova più deludente dall’altra, non tanto davanti alla porta, ma nelle semplici giocate, nel dribbling. La sconfitta rimediata ieri, la quinta della stagione, è la spia del tracollo fisico e anche psicologico del gruppo: troppe 5 sconfitte per sperare di recuperare per la terza volta nel campionato. Forse è lo scivolone decisivo prima di cedere il passo alla Juventus. Anche perché martedì prossimo, col Chievo, il Milan ha davanti uno scenario scoraggiante: ben tre gli squalificati annunciati, e cioè Ambrosini, Aquilani e Bonera, due centrocampisti e un difensore, uno dei pochi a reggere ancora botta dinanzi alle cadenze dei rivali.

Sono tanti i rimorsi dei milanisti e anche le censure alle scelte di Allegri, una tra tutte, l’utilizzo di Maxi Lopez in attacco al fianco di Ibra. Alla fine ha ragione il livornese: l’argentino è il più vivo della compagnia, respinto da un palo nel primo tempo. Non ci sono salvatori della patria in giro per Milanello.

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