A Milano 53 scuole in ostaggio dei bulli

Nel 2000, anno in cui cominciò la sperimentazione del progetto, erano 6. A distanza di nove anni sono aumentate, diventando 53. Ogni anno se ne aggiungono da due a quattro. Le scuole a rischio, o meglio collocate in aree a rischio, da macchia di leopardo che erano si sono trasformate in una colonia stabile che comprende ormai tutto l’anello periferico di Milano. Quest’anno nel cahier des doléances sono state aggiunte le scuole di Corsico e di Cesano Boscone. A inserire ogni anno gli istituti nella lista nera è un tavolo formato da prefettura, Comune, organi di polizia, tribunale dei minori e ufficio regionale scolastico. Da qui partono «gli inviti» ai dirigenti scolastici affinché presentino progetti «volti alla prevenzione del disagio giovanile» o «al recupero della dispersione scolastica»: ogni realtà territoriale ha il suo problema. Ma forse lo scoglio maggiore è che dal 2000 non ci sono mai state cancellazioni, ma solo aggiunte. Perché? «Perché la realtà in cui si trovano le scuole è sempre più complessa», spiega Aldo Genchi, responsabile dell’Ufficio regionale delle Politiche per l’integrazione. E a fronte del fatto che «non c’è una definizione universalmente riconosciuta» per precisare l’area a rischio è evidente che i criteri, dice Genchi, «sono quelli del disagio sociale, del tasso di delinquenza minorile, della vicinanza con campi nomadi o forti insediamenti di immigrati».
Quest’anno su tutta la Lombardia a parte 3 istituti a rischio individuati a Brescia e 4 a Como, per gli altri si parla di 53 istituti che si trovano tutti a Milano e provincia, 20 quelli cittadini.
Più precisamente si tratta di 15 istituti comprensivi (scuola dell’Infanzia, primaria e istituti secondari di primo grado) e 5 scuole superiori. Il fondo stanziato per «incentivare» progetti e attività quest’anno è di 623mila euro che per ogni scuola si traduce in un ben magro bottino, circa 5mila euro a testa. «Il problema dei fondi non è da poco - spiega Rita Garlaschelli, responsabile dell’ufficio Supporto all’autonomia delle scuole del Miur -. Purtroppo i soldi sono più o meno sempre quelli, ma le scuole aumentano». C’è la scuola Riccardo Massa dove è stato attivato il progetto «Acqua e sapone» per lavare i bambini rom, o l’istituto comprensivo di via Trilussa, zona Quarto Oggiaro, la scuola per intenderci dove un mese fa la madre di una studentessa ha picchiato la maestra per le insufficienze date alla figlia. «Spesso si tratta di istituti con utenze non molto facili, anche per gli insegnanti che spesso si ritrovano a dover gestire situazioni al limite della devianza», spiega Rita Garlaschelli. Tra le scuole in area a rischio anche la Fabio Filzi zona Ucelli di Nemi, Ponte Lambro per l’alto tasso di criminalità giovanile della zona. Anche una forte percentuale di dispersione scolastica è considerato fra i fattori determinanti nella classificazione di «scuola in area a rischio». È il caso dell’istituto professionale Oriani-Mazzini che con il 30 per cento di studenti iscritti e poi «persi» durante l’anno è la scuola che detiene il record in fatto di abbandoni scolastici. E ancora continue ripetenze o alunni segnalati al tribunale dei minori o seguiti dai servizi sociali: «In molti casi non c’è una scuola che si distingue per l’uno o l’altro di questi fattori, ma tutte li portano al loro interno - continua Rita Garlaschelli -. Non bisogna dimenticare che si tratta di scuole a ridosso di grandi assembramenti di case popolari o a forte concentrazione di immigrazione frequentate da un’utenza fragile per quanto riguarda i ragazzi e difficile per quanto riguarda le loro famiglie».


Per questo i progetti avviati riguardano collaborazioni con Asl, parrocchie, associazioni di volontariato: attività sui ragazzi e sulle loro difficoltà relazionali, perché come dice la dirigente dell’istituto Riccardo Massa «ogni alunno difficile che teniamo a scuola oggi sarà una adulto meno compromesso domani».

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