Una «Casa dei bimbi» per i piccoli malati

Una struttura per assistere anche i terminali. Le loro storie negli scatti di una mostra

C'è una cultura della sofferenza che non è facile respirare. Anzi, è quasi impossibile. Non la si impara sui libri ma nella vita, controvoglia. Fa parte dell'esperienza di tutti, eppure è uno dei grandi tabù della società contemporanea. Parlare del dolore e della sofferenza dei malati, ancora più di quelli terminali, addirittura metterli in mostra, è qualcosa che suona quasi eversivo.

«La casa e la cura. Ti ho incontrato per sempre», la mostra presentata al Meeting di Rimini dalla Fondazione Maddalena Grassi che arriverà nei prossimi mesi a Milano, offre per immagini a tutti l'esperienza di malati e volontari che trasfigura in positivo ciò che sembrerebbe solo fonte che lascia zampillare angoscia e disperazione. Immagini che fotografano realtà concrete, vissute e ancora da vivere.

La Fondazione sta per far nascere a Milano una «Casa bimbi», che sarà una struttura di accoglienza e assistenza per bambini gravemente malati e disabili a breve e lungo termine. Le trattative con le istituzioni sono in corso e, quando si concluderanno, la città avrà un luogo per accogliere chi ha incontrato malattia e sofferenza in un'età di giochi e spensieratezza, quando accettare anche solo l'idea della sofferenza e della morte appare più disumano. Sarà una casa che ospita sia per periodi di sollievo che per accompagnare alla morte bimbi malati terminali.

La Mostra, che aiuta a entrare nello spirito della Fondazione così come in quello di tante persone che si dedicano alla cura di chi soffre, arriva in occasione del venticinquesimo anniversario dalla nascita della «Maddalena Grassi» e si potrà visitare fino a domani al Meeting e più avanti, in date ancora da definire, anche in diverse città d'Italia, tra le quali proprio Milano, dove la Fondazione è nata e opera.

Al centro l'incontro di persone che curano e assistono e offrono affetto con persone malate delle più diverse e gravi patologie. Un filmato propone testimonianze di operatori e malati. Una seconda parte ripercorre la storia della Fondazione attraverso pannelli con testi e fotografie.

«Quel che ne esce - dicono i curatori - è stupore per un fatto e una dimensione impensati ed accaduti, una strada d'affezione maturata tra i fondatori, con i nuovi operatori, con i pazienti, una strada di incontri e di cose fatte, non di progetti prestabiliti a tavolino ma di risposte modulate sul bisogno». Amore dal dolore.

SCot

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