Contadini sfrattati, la Diocesi non si pente

Don Davanzo (Sostentamento clero): «Eseguiamo la decisione del giudice»

Don Roberto Davanzo, lei è presidente dell'Istituto per il sostentamento del clero. Davvero volete sfrattare una famiglia di anziani contadini?

«Io sono lì da pochi mesi ma mi avevano aggiornato che c'era un contenzioso aperto da anni, perché la questione risale al 2010. È l'ultimo anello di una catena di fatica relazionale iniziata da lunghi anni. Tutto lo spazio per una negoziazione ci sarebbe stato...».

Parla al passato, vuol dire che non trovate alternative?

«Non dobbiamo considerare solo l'ultimo anello della relazione. Il signor Verga non si è mai fatto sentire per una negoziazione dal nuovo direttore della Consulta, che è lì dal 2015, abbiamo anche ricevuto una lettera del suo avvocato non firmata dal legale. Sono venuti da me con un sacerdote amico per chiedere una mediazione ma non ho potuto che rimandarli alla società Consulta, che si occupa delle questioni tecniche».

Forse, da persone in difficoltà, hanno preferito scrivere al cardinale Scola e sono venute a trovare lei, un sacerdote...

«Si tratta di faccende tecniche, come poteva risolverle il cardinale? Quando il contratto è scaduto, abbiamo fatto una proposta che loro hanno considerato inaccettabile. Lo sfratto è arrivato dopo sette anni di incomprensioni».

La Diocesi propone un affitto doppio rispetto a quello praticato dal Comune.

«Ma nel nostro caso c'è anche la cascina, non solo i terreni, e quest'azienda ora paga un'indennità di occupazione. Dopo sette anni di muro di gomma, che fai? vai dal giudice. E io prendo atto di una decisione del giudice».

Come intendete utilizzare la cascina e i terreni da cui volete sfrattare gli agricoltori?

«Si cercherà un altro conduttore».

Ma davvero la Chiesa è decisa a sfrattare una famiglia di agricoltori con due persone ottantenni?

«La responsabilità è del figlio che non ha voluto prendere in considerazione che il rapporto commerciale va onorato. Dopo sette anni, se siamo arrivati a questo punto, la responsabilità è dell'inquilino. Non ha usato bene i terreni, non hanno ristrutturato».

Senza giudicare l'aspetto imprenditoriale, in una simile situazione familiare, la Chiesa può lavarsene le mani?

«Certo, se si potesse trovare una situazione meno traumatica per queste persone... Si può provare a dire: vi diamo un anno di tempo».

Far trasferire persone ottantenni che vivono nella stessa casa da sessant'anni non significa creare un grave trauma?

«Se dobbiamo intervenire in una prospettiva caritativa, allora

coinvolgiamo la Caritas. Qui siamo in una logica imprenditoriale e se il figlio fa scelte che non tengono conto della situazione dei genitori, non è colpa nostra. Noi dobbiamo tenere rapporti di carattere aziendale».

SCot

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