«Oggi leggerò un libro e masticherò la tensione». Beppe Sala arrivato da solo alle undici in punto ieri al seggio allestito al liceo Parini di via Goito, vota alla sezione 512. Qualche stretta di mano agli elettori lungo il corridoio, il volto è tesissimo. «Non posso dire molto, c'è il silenzio elettorale» premette. Un appello generico al voto sì può fare: «É un diritto e dovere, cinque anni sono lunghi quindi è molto importante per tutti votare». Nel 2016 si andò alle urne soltanto la domenica e l'affluenza alle 23 si fermò al 54,67%. Quasi la metà preferì restare a casa o magari fuori Milano visto che era il 5 giugno, weekend da fuga al mare. Questa volta? «É difficile dirlo - ammette il sindaco uscente -, però ripeto, spero che l'affluenza sia più alta perchè è un voto importante quello per il sindaco, specie per i cinque anni che ci aspettano, quindi consiglio a tutti di votare. Adesso vado a bere un caffè». Niente bicicletta per smaltire lo stress visto il meteo, «testa bassa e pedalare» è stato anche lo slogan delle ultime settimane di campagna. Nel pomeriggio si reca sul luogo dell'incidente aereo tra Milano e San Donato Milanese, in via 8 Ottobre 2001, ironia della sorte la strada intitolata alla tragedia di Linate. Si ferma con le forze dell'ordine sul posto ma senza incontrare i giornalisti.
Si vota ancora oggi dalla sette alle 15, Sala trascorrerà la mattinata a casa e quando si chiuderanno le urne si sposterà nell'ufficio a Palazzo Marino per attendere il responso. Quando il risultato sarà chiaro si sposterò nella sede del comitato elettorale all'interno del cortile del «Frida», il locale radical chic all'Isola. Cinque anni fa andò al ballottaggio contro Stefano Parisi e fu una notte al cardiopalma, a dispetto dei sondaggi e delle prime proiezioni il primo turno finì con uno scarto di 4.938 schede tra lui e lo sfidante del centrodestra, appena lo 0,9 per cento (41,7 a 40,8). Per l'uomo che arrivava dal successo di Expo contro il manager con una popolarità costruita in meno di 4 mesi, fu una mezza sconfitta, recuperata con la vittoria due settimane dopo.
La tensione del sindaco è più che comprensibile. Ha giocato in solitaria, non ha voluto i leader di partito accanto, con il segretario del Pd Enrico Letta o di Italia Viva Matteo Renzi «prendo volentieri un caffè se vengono a Milano» ha detto settimane fa, ma niente comizi o foto opportunity, come se avesse più da perdere che guadagnare. I dirigenti locali dem hanno digerito la linea ma questa volta un ballottaggio sarebbe doppiamente una batosta. Ancora di più dopo aver giocato a sminuire lo sfidante del centrodestra Luca Bernardo, trattato come un «signor nessuno». Persino la stretta di mano all'unico confronto pubblico in Confcommercio è stata veloce e e dando le spalle ai fotografi. Giorni fa sul video di Fanpage in cui si sentiva dire all'eurodeputato Fdi Carlo Fidanza che a volte alle urne «bisogna turarsi il naso» Sala ha commentato che «queste frasi questa volta sono registrate ma giravano da un po' al loro interno su Bernardo». In un'altra occasione ha sottolineato che l'elettorato conservatore di centrodestra «ha prodotto in passato sindaci importanti». E su come andrà a finire la corsa alle Comunali «qualche sospetto ce l'ho». Passata la sbornia dei sondaggi a favore, che lo vedevano a un passo dalla vittoria, negli ultimi giorni ha provato a frenare le aspettative: «A Milano storicamente è difficile vincere al primo turno, non ci sono molti casi».
Due, entrambi di centrodestra: Gabriele Albertini incassò il 57,5% delle preferenze per il bus nel 2001, Letizia Moratti vinse al primo turno nel 2006 con il 52%. Se mancherà l'obiettivo gli toccherà cambiare strategia. E magari digerire anche una comparsata di Letta e soci.
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