La stagione espositiva milanese, mai come quest'anno iniziata in pompa magna, si arricchisce di una nuova perla, anzi di due in una. Parliamo del grande omaggio all'arte di Antonio Canova, genio della scultura neoclassica e romantica, a cui vengono dedicate due esposizioni alle Gallerie d'Italia di piazza Scala e alla Galleria d'Arte Moderna. La prima sontuosamente ricca nel percorso ideato dal grande curatore Fernando Mazzocca, mette in relazione la poetica innovativa del maestro veneto alle invenzioni dell'eterno rivale, il danese Bertel Thorvaldsen, colui che trasformò il suo nome in Alberto per l'amore che nutriva per la romanità. Più contenuta, ma altrettanto pregevole la mostra curata alla Villa Reale da Omar Cuccinelli e Paola Zatti e intitolata «I volti ideali». Anche in questo caso un progetto costruito con prestiti importanti di musei internazionali, ma più focalizzata sulla genesi e l'evoluzione delle celebri «teste ideali» di Canova, effigi di un archetipo di ineguagliabile bellezza.
Le due mostre rappresentano un'occasione preziosa per tuffarsi nel meraviglioso mondo di un artista qui rappresentato con i suoi maggiori capolavori prestati da istituzioni come l'Ermitage, il Museo Thorvaldsen di Copenaghen, le Gallerie degli Uffizi, il Paul Getty Museumn di Los Angeles e altri. Nel caso dell'esposizione alle Gallerie d'Italia, che si apre con lo spettacolare confronto fra le Grazie di Canova e l'omologo gruppo scultoreo firmato da Thorvaldsen, il percorso è arricchito da un prezioso nucleo di dipinti e ritratti di autori coevi che testimoniano in maniera inequivocabile la universale gloria di cui godevano in vita entrambi gli artisti ma soprattutto Canova. Una fama, la sua, consolidata e testimoniata dal grande collezionismo internazionale a cui l'artista si rivolse e che, a cavallo tra '700 e '800, riportò in auge il primato della scultura. «Un primato non soltanto tecnico - sottolinea il curatore Mazzocca - ma pienamente artistico per un autore che seppe coniugare abilità e grande modernità in un'epoca in cui la scultura era relegata solo ai fasti del passato». Tra le 160 opere distribuite in 17 sezioni, il nuovo primato della scultura viene celebrato attraverso capolavori divenuti vere e proprie icone come Amore e Psiche, Le Grazie, Amore e Venere, Ebe e tutti i grandi temi mitologici che fecero da spunto ad entrambi gli artisti per generare la nascita della scultura moderna. «Questa modernità - precisa Mazzocca - deriva soprattutto dalla capacità con cui Canova seppe recuperare la scultura nella sua dimensione più nobilmente popolare, così come lo era stato nell'età classica». La sua iconografia attingeva al mito non in una chiave celebrativa e citazionista, ma come racconto popolare di temi umanamente universali, come la bellezza, l'amore, il dolore e la morte. Ancora oggi, come testimoniano le due mostre, quella di Canova appare una scultura «viva», ben oltre l'idealizzazione del canone di bellezza, ma per la tridimensionalità con cui le sue figure riescono a vivere nello spazio. Per ottenerla, il maestro veneto inventò espedienti tecnici come le basi rotanti su cui scolpiva il bozzetto e l'utilizzo di specchi che gli permettevano di lavorare sulla figura a 360 gradi. «Grazie alla loro tecnica - grandi officine con numerosi allievi e la creazione del modello in gesso prima del marmo - sia Canova che Thorvaldsen seppero emanciparsi dal vincolo della committenza privata, dando per la prima volta la libertà allo scultore di esprimersi totalmente».
Libertà e modernità sono concetti ben espressi anche nelle cinque sezioni della mostra alla Gam che espone cinque sculture mai viste prima in Italia (Corinna e la Musa del 1817) e dove la semplificazione formale dei volti idealizzati raggiunge il su apice nella meravigliosa Vestale del 1819.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.