Valentina Fontana
Uno, nessuno, centomila. Un nuovo personaggio, la negazione di sé stesso, centomila ironici stereotipi del nostro sistema. Antonio Albanese non si muove mai solo sul palco. O meglio, sceglie sempre il monologo per incarnare le diverse maschere del paesaggio umano e disumano che ci circonda. Da qui nascono i suoi personaggi, da quello che vede, da quello che sente osservando il quotidiano. Così, sei anni dopo Giù al nord, il surreale comico lombardo (di Olginate, in provincia di Lecco) torna sulle scene con un nuovo carnevale della vita. E chi saranno questa volta gli invitati al suo Psicoparty?
Sul palco dello Teatro Smeraldo fino al 26 febbraio l'ospite d'onore è una nota signora, o forse un ministro, il ministro della Paura, per il quale «una società senza paura è una società senza fondamento», naturalmente accompagnato dai suoi «nobili» cortigiani. In scena dunque tutte le paure lecite e illecite, quelle che aiutano a guardarsi dentro e quelle che impediscono di vivere, «le paure che ci paralizzano - si legge nelle note di regia di Giampiero Solari - immobilizzandoci dentro le nostre abitudini, dentro i nostri lussi e dentro i nostri egoismi. Le paure che il potere amministra con tanta sapienza, per trarne il prezioso vantaggio di saperci spaventati
Lo spettro del terrorismo, l'ansia del quotidiano, la ridicola fatica di mantenersi rispettabili, e in fondo a tutte la vera paura, quella di non riuscire più a godersi la vita, la paura di essere felici
».
Così nelle stanze esilaranti e stralunate di Psicoparty arrivano politici, filosofi, intellettuali, imprenditori, manager, arrivisti, gente comune: una passerella di apparenti marionette, deformi fisicamente e disumanizzati per le fobie di cui sono sopraffatti, che subito fanno ridere, poi sicuramente riflettere.
Già, perché l'imprenditore in crisi per i cinesi parla parla ma poi si contraddice con i suoi gesti, il politico Cetto La Qualunque ha paura di perdere l'onore proprio per avere dato un posto da primario a sua figlia che non ha la laurea.
Insomma, dietro una ricchezza generale che ci fa stare tutti felici e tranquilli, il vero problema della nostra società è dimostrare a tutti costi una serenità che invece toglie la libertà. Condizione a cui forse sfugge solo lo storico Epifanio - che Albanese si porta dietro dai tempi di Su la testa - che con la sua dolcezza, la sua ingenuità, si presenta a Psicoparty come il vero trasgressivo del nostro tempo.
Ma a sorpresa arriva anche un nuovo personaggio di Albanese, un uomo comune mai rappresentato. Si presenta. Ha un calzino bucato e una giacca con la manica più lunga e scucita. Si chiama Antonio Albanese, è se stesso, o meglio dice di non essere.
Sarà la paura? O il senso di inadeguatezza per quel calzino bucato? O sarà proprio quello a renderlo originale, diverso da tutti gli altri? Di sicuro Albanese ritorna e approfondisce temi a lui cari. Anche perché per dirla tutta, il dilemma che nutre, che fa della vita un palcoscenico e della farsa il sipario è sempre lo stesso.
È nel tormento e tormentone «Essere o non essere, questo è il problema» di Shakespeare che tutti ci si ritrova. E che Albanese modula, leviga, adatta. Così lo stesso Frensis, uno tra i personaggi più riusciti, lo scimmiottava, traduceva e banalizzava a suo modo: «Sento o non sento, questo è il nostro gioco».
La riuscita è affidata alla squadra di sempre, dai tocchi satirici di Michele Serra, autore di Psicoparty insieme allo stesso comico, alla collaborazione di amici come Piero Guerrera a Enzo Satin, sino al regista Giampiero Solari.
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