In una Nazionale che in questi anni ha visto andare e venire una quantità di giocatori di scarsa tecnica e carisma ancor più esiguo, ad incarnare per il grande pubblico l'immagine del rugby italiano erano in pochi: due piloni da trincea come Martin Castrogiovanni e Andrea Lo Cicero, un condottiero indomambile come capitan Sergio Parisse, e lui, Mauro Bergamasco: fisico da copertina, riccioli scuri, e una classe di livello assoluto. In un ruolo affascinante e faticoso come quello del terza linea ala (quello che gli inglesi chiamano flanker) Bergamasco costituiva una delle poche certezze dell'ondivaga squadra azzurra. In Nazionale e nello Stade Francaise, con lui c'era quasi sempre suo fratello Mirco, il biondo. Ma tutti pensavano che tra i due quello forte fosse Mauro, e che il fratello spesso brillasse di luce riflessa.
Invece ai Mondiali di Nuova Zelanda i ruoli si sono ribaltati. Mirco è diventato titolare fisso, anche perchè è l'unico che - a volte - riesce a calciare in mezzo ai pali i calci di punizione. Mauro invece alla partita d'esordio contro l'Australia non è stato nemmeno convocato. É vero che viene da una stagione segnata dagli infortuni, ma se lo staff medico azzurro non fosse stato certo del suo pieno recupero non avrebbe avuto senso portarlo in Nuova Zelanda. E non si può nemmeno dire che a chiudergli la strada per il campo ci siano giocatori indubitabilmente più forti di lui. Anzi. E allora?
Bergamasco, rompendo il protocollo della Nazionale, ha deciso di uscire allo scoperto: «Per ora mi sento una comparsa. So che un professionista deve sapere accettare le scelte dello staff, fa parte delle regole del gioco. Ma a me finire in tribuna, e vedere certe partite da lì, non piace per niente».
La speranza di Mauro, per adesso, si chiama Russia: è il prossimo avversario degli azzurri, e sulla carta dovrebbe essere un ostacolo non insormontabile. Contro la Russia, Mallett potrebbe decidere di dare spazio anche ai rincalzi. Lui, Mauro, si dichiara pronto a battersi. Ma invita a non sottovalutare gli avversari: «Li ho incontrati nella Churchill Cup e ho potuto vedere che hanno avuto un'enorme evoluzione tecnico-tattica, la Russia non è più quella caotica, e con un gioco senza logica, che affrontammo nel 2003. Sono migliorati in tutti i fondamentali e oltre al gioco fisico hanno trequarti molto veloci».
D'altronde si è già visto che squadre materasso non ce ne sono quasi più: nel nostro girone l'Irlanda - competitor diretto degli azzurri per il passaggio ai quarti di finale - è scesa in campo contro gli Stati Uniti deconcentrata, e ha portato a casa una vittoria faticata e striminzita.
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