Mondo

Il documentario complottista che sta sconvolgendo la Francia

Dalle mascherine al lockdown, passando per l'idrossiclorochina e per il Grande Reset: cosa c'è nel documentario complottista francese, che abbiamo visto per voi

Il documentario complottista che sta sconvolgendo la Francia

La pandemia c'è, e su questo quasi nessuno ha dubbi. Per quanto esistano pure frange di cospirazionisti o di negazionisti. Le abbiamo anche in Italia, ma in Francia il complottismo sta facendo più notizia che altrove. Il perché risiede in un documentario intitolato "Hold Up", che si è fatto conoscere anche grazie alle condivisioni social di qualche icona. Tra gli sponsor, per così dire, c'è Sophie Marceau, l'attrice de Il Tempo delle Mele. La fase degli amori adolescenziali sul grande schermo è ormai alle spalle: la Marceu ha postato su Instagram il manifesto del cortometraggio, che in lingua francese è visibile su YouTube. Un gesto - questo dell'ex Vic Berreton - che può equivalere ad un sostegno alle tesi contenute in quelle due ore e trentotto minuti. Pare che il prodotto piaccia pure a Marion Cotillard ed a Juliette Binocche. Star che dubitano dell'esitenza del virus? Non proprio. Il nuovo coronavirus per gli autori del documentario c'è - si deduce subito -. Il problema da porre per loro, semmai, è tutto il contorno.

Buona parte della stampa internazionale ha comunque fatto caso alle attenzioni riservate dalle attrici: non è un fatto consueto. In "Hold Up", fra i vari punti sollevati, c'è pure la presunta eccessività delle misure disposte per prevenire il contagio da parte dei vari esecutivi. Il lockdown, per farla breve, non servirebbe poi a molto. Pealtro quello del lockdown sarebbe stato - viene ventilato durante la progessione dell'opera - il periodo in cui il Sars-Cov2 è circolato in maniera più tangibile Oltralpe. Ma il taglio dell'opera riesce anche ad essere più marcato di così. Intanto tra i vari soggetti intervistati c'è Michael Levitt. Si tratta di un premio Nobel per la Chimica, non di un passante (ce ne sono). E questo potrebbe suggerire al pubblico che il tutto presenti tratti di verosimiglianza.

In generale, nel documentario, c'è una vera e propria carrellata di esperti. Sembra mancare un filo conduttore argomentativo: si va dai medici agli avvocati, passando pure per un antropologo ed una sociologa, ma non c'è un focus unico. "Hold Up" è una sorta di rilettura complessiva del problema pandemico, con più di qualche interpretazione già bocciata dalla scienza ufficiale. I piani di discussione sono vari: dall'origine del nuovo coronavirus alle tattiche di chi avrebbe deciso di calare dall'alto un disegno passante pure dalla pandemia, con qualche accento su presunti pronostici azzeccati. Si sfiora anche il focus del "Grande Reset". Un retroscena cavalcato, tra gli altri, dall'arceviscovo Carlo Maria Viganò. Una sorta di necessario (e non provato) rimescolamento delle carte economico-sociali che qualcuno avrebbe deciso di perseguire. Non basta: Michael Yedon, che ci viene presentato come un ex dirigente della Pfizer (l'azienda del primo vaccino dichiarato efficace al 90%), sembra mettere in dubbio la veridicità di certi test. Saremmo divenuti vittime di un quantum di "falsi positivi".

La regia di Pierre Barnérias si concentra insomma su più di una macro-area. Siamo nel campo del nuovo coronavirus e dei suoi dintorni. L'idrossiclorochina è stata de facto buttata fuori dal novero delle possibile cure dalla rivista Lancet, eppure Didier Raoult in Francia, e per un certo periodo anche Donald Trump negli States, l'hanno pensata in maniera diversa. Nel documentario viene intervistato un collaboratore di Raoult. Di idrossiclorochina, a dire il vero, si dibatte ancora. E "Hold Up", in buona sostanza, tesse la trama attorno a veli di sospetto che interessano tante delle questioni che chi non segue la scienza ufficiale (o chi non crede proprio ai dettami scientifici) pone: per esempio le mascherine servirebbero a poco e anzi avrebbero effetti collaterali; sarebbe soprattutto una paura esogena a guidarci di questi tempi e così via. Sono argomenti che abbiamo vuto modo d'ascoltare pure nel Belpaese. Al netto delle presunte incoerenze della gestione Macron (e di quelle altrettanto presunte dell'Oms), la partita si fa complicata, e forse più interessante per lo spettatore, quando l'opera prende in considerazione un libro.

Il testo è di Alexandre Adler. Il titolo è "Il rapporto della Cia, come sarà il mondo nel 2020". Senza perdersi in troppi arzigogoli, diciamo subito che Adler avrebbe previsto più o meno tutto. Una prova a sostegno della pandemia indotta? E se invece non ci stupissimo che la Cia ipotizzi scenari plausibili? E la storia dell'origine? Come spiega Le Parisien, si gira di nuovo dalle parti del laboratorio di Wuhan, livello di sicurezza P4. L'ombelico della pandemia da cui, per i complottisti, si sarebbe propagato il grande evento del periodo storico a noi contemporaneo. Solo che in questa circostanza torna in auge la tesi del virus da laboratorio cui tanti virologi, alla luce del genoma virale, non credono. Perché un virus da laboratorio - affermano in molti - non è fatto così. Ma tra gli esperti c'è anche chi ha affermato proprio a noi - come Andrea Crisanti - che non è possibile sapere se il virus sia naturale o no: "Questa domanda, dal punto di vista scientifico, non ha senso. Non è possibile né provarlo né escluderlo. Non avremo mai una risposta a questa domanda", ci ha detto il professore a maggio del 2020. C'è chi sospende il giudizio e chi no.

E poi, com'era quasi ovvio che fosse, la mano invisibile di chi avrebbe deciso tutto questo in anticipo per noi: Bill Gates, Jacque Attali, Anthony Fauci... In poche parole, il Deep State, che sarebbe stato spalleggiatto dall'economia-finanziarizzata.

Quello che manca, come spesso accade per ricostruzioni così, sono le corroborazioni.

Commenti