Disgelo tra Russia e Turchia per rompere l'isolamento

Prove di riavvicinamento con Mosca e accordi con Israele. Virata di Erdogan?

Disgelo tra Russia e Turchia per rompere l'isolamento

Procede un passo alla volta il processo di riavvicinamento tra Turchia e Russia, per mesi ai ferri corti a causa dell'abbattimento di un jet di Mosca impegnato in Siria, attaccato dall'aviazione di Erdogan perché accusato di essere penetrato in territorio turco.

Dopo mesi di gelo tra le due capitali e sanzioni da parte di Vladimir Putin che hanno avuto conseguenze importanti per entrambi i partner. Prima di tutto sul turismo turco, ma pure economiche in senso più ampio, per le forniture di petrolio e gas che Mosca garantisce alla Turchia.

Il riavvicinamento è arrivato prima con una lettera inviata a Mosca, con cui Erdogan esprimeva rammarico per l'abbattimento del caccia russo, e poi con una telefonata dal Cremlino il giorno dopo il grave attentato all'aeroporto Ataturk di Istanbul.

In quella telefonata, la prima da novembre dello scorso anno, non solo le condoglianze per le vittime cadute nell'attacco, ma segni importanti come l'impegno per un faccia a faccia a margine del G20 che si terrà a settembre in Cina. Parole accompagnate dai fatti: dalla ripresa delle relazioni economiche, annunciata dal Cremlino, al riconoscimento della necessità di "passi bilaterali" e di "potenziare la cooperazione" espressa da Erdogan.

Prima del G20 ci sarà il meeting, a luglio, dell'Organizzazione della cooperazione economica del mar Nero (BSEC), in cui l'incontro tra Russia e Turchia sarà di livello inferiore, con un meeting in programma tra i ministri degli Esteri Cavusoglu e Lavrov.

Rompere l'isolamento

I toni più morbidi tra Ankara e Mosca non sono un caso isolato. Negli ultimi anni la Turchia è passa da una politica estera di "zero problemi con i vicini", associata indelebilmente all'ex primo ministro Ahmet Davutoglu, a un atteggiamento decisamente più diretto, schierandosi apertamente sul conflitto siriano, chiudendo le porte all'Egitto dopo l'ultimo golpe e la cacciata di Muhammad Morsi, premier vicino ai Fratelli musulmani, infine scontrandosi con Israele.

Un cambio di rotta che ancora due giorni fa veniva sottolineato sul New York Times da Asli Aydintasbas, esperta dell'European Council on Foreign Relations, che definiva il momento attuale della Turchia come "il punto di massima solitudine nella storia della Repubblica". E che sembra ora avere subito un'ulteriore inversione, con la stretta di mano tra Erdogan e Netanyahu e la riapertura dei canali con Putin, ma anche con una mano tesa verso il Cairo del generale Al Sisi.

Impegnata tanto fuori che dentro i confini nazionali, con operazioni di sicurezza e attentati che hanno già causato molti morti nella Turchia sud-orientale , dove il Pkk è tornato in armi da ormai un anno, una crisi umanitaria alle porte e accuse da più parti

per un atteggiamento ritenuto quantomeno ambiguo nei confronti della minaccia posta dal sedicente Stato islamico - dalla Turchia sono passati migliaia di combattenti jihadisti - Erdogan prova ora a rammendare gli strappi.

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