Il veleno di Herat

Seicento ragazzine nelle ultime due settimane sono state avvelenate ad Herat. Forse da una sorta di gas

Il veleno di Herat

Ora hanno paura di tornare a scuola. Paura di sentire quell’odore che le ha fatte stare talmente male da finire in ospedale. Nausea, dolori addominali, respiro corto. 600 ragazzine nelle ultime due settimane sono state avvelenate ad Herat. Forse da una sorta di gas. La prima volta hanno pensato che potesse essere un incidente, ma quando ha cominciato ad accadere in scuole diverse, la polizia ha escluso subito la coincidenza. D’altra parte per molti ancora, le bambine solo perché femmine, non dovrebbero studiare in Afghanistan. L’ultimo episodio è avvenuto nella scuola di Nawin, nel distretto di Injil: “Le ragazze sono state ricoverate all’ospedale dopo aver inalato del gas, sono in condizioni stabili”, ha spiegato Shafiq Sherzai, portavoce dell’ospedale regionale di Herat. Tre giorni fa, altre 16 ragazze erano finite su una brandina, anche due nella stessa, insieme a quattro insegnanti nella stessa Herat. Ragazze che hanno tra i sei e i 17 anni. Alcune troppo piccole per dover già lottare per qualcosa che è un loro diritto, quello di studiare, di crescere nella sicurezza, di non dover combattere contro l’ignoranza che le circonda. Avranno tutta la vita per doverlo fare. Quello del gas è un fenomeno che negli ultimi tempi, è aumentato tanto da contagiare le famiglie che ora hanno paura di mandare le figlie a scuola. Anche se non ci sono state vittime, e le ragazze dopo un po’, si sono riprese, è umano non voler esporre i propri figli al pericolo che oggi rappresentano quelle scuole. “Da quel che abbiamo intuito – ha detto il colonnello Abdul Rauf Ahmadi, della polizia provinciale – è che qualche tipo di spray è stato usato nelle classi. Le nostre indagini vogliono determinare se sia stato un vero e proprio sabotaggio, o è stato usato uno spray di cattiva qualità per areare i locali”. La gente, però, che non ha bisogno di prove, compreso il governatore del distretto di Enjil, tutti puntano il dito contro i talebani, sono loro quelli che non vogliono che le ragazze studino, quelli che in passato hanno distrutto scuole dandole alle fiamme, costretto le bambine casa, gettato acido sui banchi per ferirle. Anche Aseeluddin Jami, vice governatore della provincia di Herat pensa che questi siano attacchi deliberati.

D’altra parte la prima volta è accaduto sei anni fa, e i talebani rivendicarono l’attacco. Ma ora potrebbero aver cambiato politica perché rivendicare attentati contro bambini, non porta mai i risultati sperati dal punto di vista mediatico. Lo stesso mullah Omar, il capo dei talebani in uno dei suoi ultimi ordini, chiese ai suoi seguaci di non esporsi per quanto riguardava immagini e commenti sui minori. Soprattutto dopo il tentato omicidio di Malala Youdafzai, la ragazzina, oggi premio nobel diventata la paladina di tutte le studentesse. Nel 2012 i talebani tentarono di ucciderla in Pakistan sul confine con l’Afghanistan, frontiera non riconosciuta dai talebani. E ancora sempre a Peshawar, il dicembre scorso a Natale, uomini armati assaltarono una scuola e uccisero in poche ore insegnanti e bambini, 145 furono le vittime. Alcuni insegnanti vennero bruciati di fronte ai loro alunni. Nell’aprile 2012 nella provincia di Takhar, 150 ragazze furono avvelenate bevendo dell’acqua in una scuola superiore, alcune ricoverate in gravi condizioni. Un anno dopo a Taluqan, il capoluogo della provincia di Takhar, 75 ragazze finirono ricoverate per aver inalato del gas. E ancora 150 ragazze ospitalizzate a Kabul dopo aver sentito un odore strano nella scuola di Sultan Razia. A Giugno, nella provincia di Faryab, altre 77 ragazze sono finite in ospedale per il gas, poco dopo, lo stesso giorno sono arrivate altre 20 ragazze di un'altra scuola che senza ragione apparente, erano svenute. Qualcuno ha provato ad ipotizzare una sorta di isteria di massa, ma è stato subito smentito da un rapporto delle nazioni Unite che ha stabilito che solo l’anno scorso, in Afghanistan ci sono stati 185 attacchi registrati contro scuole, e la maggior parte sono stati attribuiti ad organizzazioni contrari all’istruzione delle donne. In Pakistan, un rapporto della Commissione Globale per Proteggere l’Istruzione ha determinato che tra il 2009 e il 2012 ci sono stati 838 attacchi contro scuole, centinaia delle quali sono state completamente distrutte. E ancora oggi nelle zone tribali lungo il confine afgano, terra sotto il controllo dei talebani, le ragazzine sono bandite dall’istruzione oltre le elementari, dopo che è stato emendato un editto pronunciato nel 2008 che le escludeva completamente dall’istruzione. Il motivo? I talebani sono contrari alle istituzioni educative in generale, e alle scuole per ragazze in particolare perché “promuovono la decadenza occidentale e insegnamenti anti islamici”, come ci disse l’ex ministro talebano durante un’intervista a casa sua a Kabul. Lo scorso luglio due uomini in motocicletta, sempre nella zona di Herat, hanno lanciato dell’acido contro tre ragazze che camminavano insieme dirette a scuola, con le loro divise immacolate e le scarpe impolverate. Due di loro, una di 16 anni e l’altra di 18, sono state gravemente ustionate. All’ospedale Noor, con un filo di voce, carico di dolore, le ragazze hanno raccontato al direttore Jamal Abdul Naser Akhunzada, che gli assalitori mentre gettavano l’acido, avevano gridato che quella era la punizione per andare a scuola. Ma per quanto la paura possa paralizzare, nessuno potrà fermare le ragazze dal volere un’istruzione. “C’è gente matta”, dice Razia Jan, fondatrice di una scuola per ragazze, appena fuori Kabul, “Ogni giorno si sentono storie di acido, di veleno, di ragazze ferite. Mi si spezza il cuore a vedere come vengono trattate le donne. I militanti hanno paura che donne istruite chiedano maggiori diritti e che la società afgana si evolva come è giusto che sia”. Ma nonostante le minacce, la preside Jan continua a tenere aperta la sua scuola dove studiano più di 300 ragazze. Jan ricorda che prima di aprire il suo istituto nel 2008, aveva ricevuto la visita di quattro uomini che l’hanno intimata a convertire la scuola femminile in una per maschi che erano la spina dorsale del paese. Sarebbe stato il loro ultimo avvertimento.

“Gli ho risposto di scusarmi, che le donne sono la vista dell’Afghanistan e sfortunatamente loro erano ciechi e lei gli avrebbe dato un po’ di luce”. Non ha più visto quegli uomini, ma ha fatto costruire un bel muro di protezione intorno alla scuola. E ci sono guardie che ogni giorno controllano sia l’acqua del pozzo che l’aria nelle classi. Ancora all’ospedale di Herat, le ragazze che si sono riprese, raccontano le loro storie: “Sono entrata nell’aula, c’era un odore molto forte. Quando sono rientrata a casa, sono svenuta”, ha detto Nazia. “Mentre stavamo entrando, la nostra insegnante ci ha detto di correre fuori, non nemmeno fatto in tempo a capire cosa stesse succedendo”, spiega Atri Gul.

E qualcuno crede che non sia un caso che tutto questo accada ad Herat, una città risparmiata dal peggio degli ultimi anni del conflitto afgano, ma Herat, appunto non è un posto qualsiasi: è considerato il capoluogo della cultura afgana, le sue viuzze trasudano di Storia e bellezza. Un detto afgano dice che “se dai un calcio all’aria, prendi il sedere di un poeta”. Non quello di un talebano.

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