Monti fa la politica del prendere o lasciare

Monti fa la politica del prendere o lasciare

Roma«Fare presto» e soprattutto «prendere o lasciare». Sembrano questi i due fari che guidano l’azione di Mario Monti, ieri al lavoro a Palazzo Chigi per mettere a punto la sua manovra. Una sorta di ultimatum ai partiti che dovranno tutti, da destra a sinistra, ingoiare misure che scontentano i rispettivi elettorati in nome della gravità della situazione economica.
Sul metodo, il premier starebbe pensando a un pacchettone di norme da presentare lunedì in Consiglio dei ministri, magari separato in due decreti, in modo da chiudere la partita entro Natale. Piuttosto che lavorare a più disegni di legge spezzettati, col rischio di rimanere impantanato nei lavori parlamentari, Monti preferisce optare per un unico grande provvedimento o al massimo due che saranno in commissione, alla Camera, già la prossima settimana. Poi passeranno all’Aula e quindi il tutto verrà trasferito al Senato con l’obiettivo di arrivare al via libera finale intorno al 20 dicembre. Le linee guida le sanno tutti, «rigore, crescita ed equità», ma le cifre restano un mistero.
Tuttavia cominciano a delinearsi i contenuti. Quasi scontato il ritorno dell’Ici sulla prima casa con la rivalutazione delle rendite catastali; certa la tracciabilità dei pagamenti ridotta a 300 o 500 euro per contrastare l’evasione fiscale; idem per i tagli ai costi del funzionamento di enti locali, in primis le Province; quindi il grande capitolo delle pensioni: blocco dell’adeguamento all’inflazione, aumento dell’anzianità da 40 anni a 41 o perfino 43 anni, contributivo pro rata per tutti a partire dal 2012. Misure, queste, che stanno già facendo venire il mal di pancia a sindacati e parte del Pd. Per quanto riguarda la previdenza, il ministro del Welfare Elsa Fornero assicura che «le misure comporteranno dei sacrifici, ma dovranno rispettare l’equità» e «i sacrifici saranno maggiori per quei lavoratori che sono stati più fortunati».
Ma è sulle altre misure che resta il dubbio. Oltre all’Ici è in arrivo anche la patrimoniale o l’aumento dell’Iva? Sul tema, Monti sa benissimo che entrambi i provvedimenti, se permettono di fare cassa, allo stesso tempo sono recessivi. In pratica, più tasse vuol dire meno possibilità di consumare e quindi non favorire la crescita del Pil ma, anzi, deprimerla. L’incubo del premier si chiama infatti «recessione» o «stagnazione». E il suo ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, lo dice a chiare lettere: «Siamo in un momento molto difficile, stiamo sicuramente rischiando di entrare in recessione di nuovo per cause non nostre; sia tre anni fa sia oggi per cattiva gestione di altri Paesi o di altri organismi». Comunque, secondo il ministro, «dobbiamo far di tutto per evitare di ridiscendere e per recuperare il segno positivo».
Il dilemma è: posto che entrambe, Iva e patrimoniale, sono recessive, quale misura lo è di meno? Molto dipende dall’asticella da cui far partire l’eventuale prelievo sulla ricchezza. Una delle ipotesi in campo sarebbe quella di un prelievo di pochi punti millesimali sui patrimoni il cui valore supera il milione di euro. Confindustria, per esempio, aveva suggerito una tassazione del’1,5 per mille sui patrimoni di oltre 1,5 milioni di euro. Su questo fronte all’interno del Pdl, ideologicamente contrario, arrivano delle timide aperture. L’altra carta è invece l’Iva, già di recente aumentata dal 20 al 21 per cento, che potrebbe subire un aumento di due punti fino ad arrivare al 23. Non trovano riscontro, invece, le indiscrezioni secondo cui il governo potrebbe addirittura aumentare l’imposta su quei beni tassati al 4 per cento, ossia i generi di prima necessità tipo pane, pasta, latte, zucchero e acquisto della prima casa. In fondo l’aliquota al 4 per cento è una peculiarità del nostro Paese mentre nel resto d’Europa questi beni sono tassati al 5 per cento. Cercare di capire quale sia la ricetta finale di Monti resta un impresa: il muro di palazzo Chigi sembra impenetrabile.


Quello che ufficialmente filtra è in ogni caso all’insegna dell’ottimismo posto che il premier commenta così l’approvazione in prima lettura del disegno di legge sull’articolo 81 della Costituzione: «La vastissima maggioranza che ha approvato il principio costituzionale del pareggio di bilancio testimonia la ferma volontà del Parlamento e di tutto il Paese nel proseguire sulla strada del risanamento strutturale della finanza pubblica».

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