Minacce a Saviano, confermate le condanne al boss e all'avvocato

La Corte d’Appello di Roma ha confermato le condanne a Francesco Bidognetti, boss del clan dei Casalesi, per le minacce rivolte nel 2008 allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione

Minacce a Saviano, confermate le condanne al boss e all'avvocato
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La Corte d'Appello di Roma si è pronunciata confermando le condanne ad un anno e mezzo di carcere per il capoclan Francesco Bidognetti, boss del clan dei Casalesi e al suo ex avvocato Michele Santonastaso ad un anno e due mesi per le minacce rivolte nel 2008 allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione.

La Corte di Appello ha confermato quanto stabilito già in primo grado i giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Roma, che avevano riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso al reato di minaccia. Il fatto è avvenuto durante il processo di appello Spartacus a Napoli, quello al clan dei Casalesi, e portò di fatto all'innalzamento della scorta per lo scrittore campano. Sentito dal Corriere della Sera, Saviano ha definito la sentenza di oggi come “la più importante” della sua vita. I due erano accusati di minacce aggravate dal metodo mafioso, che erano avvenute durante uno dei processi più importanti sulla camorra, noto con il nome di “Spartacus”. Le minacce erano contenute in un documento che l’avvocato Santonastaso lesse durante l’udienza del 13 marzo 2008 e che era firmato da Bidognetti e da Antonio Iovine, un altro boss che poi decise di collaborare con la giustizia

Lo scrittore Roberto Saviano, presente in aula, si è commosso e si è abbandonato a un pianto liberatorio con il suo avvocato Antonio Nobile. “Mi hanno rubato la vita”, ha detto fuori dall’aula lo scrittore. “Sedici anni di processo non sono una vittoria per nessuno ma ho la dimostrazione che la camorra in un’aula di tribunale, pubblicamente ha dato la sua interpretazione: che è l’informazione a mettergli paura. Ora abbiamo la prova ufficiale in questo secondo grado che dei boss con i loro avvocati firmarono un appello dove - sottolinea Saviano - misero nel mirino chi raccontava il potere criminale.

E non attaccarono la politica ma il giornalismo insinuando che avrebbero ritenuto i giornalisti, e fu fatto il mio nome e quello di Rosaria Capacchione, i responsabili delle loro condanne. Non era mai successo in un’aula del tribunale, in nessuna parte del mondo”.

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