Nel 2011 sono stati 11 milioni i passeggeri sbarcati nel Belpaese

Nel 2011 sono stati 11 milioni i passeggeri sbarcati nel Belpaese

Nel 2011 sono stati circa 11 milioni i passeggeri imbarcati su una nave da crociera, sbarcati o transitati nei porti italiani; nel 2010, secondo i dati del report Italian cruise watch, erano stati 9,6 milioni. Gli italiani che scelgono una crociera in Europa, secondo l’European cruise council, sono circa 900mila, preceduti da Inglesi (1,6 milioni) e Tedeschi (1,2). Questi numeri, che sembrano piuttosto diversi, vanno spiegati. Il secondo riguarda, semplicemente, i connazionali che hanno scelto, nell’ambito del turismo organizzato, la crociera; ricordiamo che il mercato del turismo organizzato, cioè dei pacchetti di viaggio, vale 7 milioni di persone, in calo rispetto agli 8 toccati qualche anno fa, su un totale di 19 milioni di italiani che varcano i confini per vacanza. Il primo numero invece conta imbarchi, sbarchi e transiti di italiani e stranieri: ciò significa che un passeggero imbarcatosi a Genova e che sosta, poniamo, a Napoli e Venezia, viene contato tre volte.
Questo spiega anche un’altra caratteristica importante del mercato crocieristico: è un settore «globale» più di ogni altro comparto turistico, e sulla stessa nave convivono nazionalità diverse più che in qualsiasi albergo o villaggio del mondo. Ciò, a sua volta, deriva dal fatto che gli Stati Uniti sono sempre stati il primo mercato per le crociere e i cittadini americani sono i principali clienti delle navi nelle due grandi aree solcate da questi ormai colossali alberghi galleggianti: i Caraibi e il Mediterraneo (per usare dei concetti grossolani, gli americani meno facoltosi vanno ai Caraibi, più immediatamente accessibili; quelli più agiati volano in Europa e si godono le città e i siti archeologici del Mediterraneo).
Restando al Mare Nostrum, l’internazionalizzazione molto spiccata è frutto anche della rotta seguita dalle navi: sempre «circolare» - come le navigazioni nei laghi o certi vaporetti di Venezia - nella quale vengono toccati regolarmente gli stessi porti, dove la gente scende e sale. Gli italiani s’imbarcheranno (e scenderanno) a Civitavecchia (primo porto crocieristico mondiale, avendo scavalcato Barcellona; il primo europeo per imbarchi e sbarchi, esclusi i transiti, è Venezia) o negli altri 10 porti che danno alla nostra penisola una spiccata vocazione al turismo marittimo, gli spagnoli saliranno e scenderanno a Barcellona, i francesi a Marsiglia, e a ogni fermata cambia dunque una porzione dei passeggeri. I quali arriveranno all’imbarco in auto, treno o in aereo da altri Paesi europei e dal resto del mondo.
Il mercato delle crociere è cresciuto anche lo scorso anno (del 17 per cento secondo i primi dati disponibili), ma sta subendo comunque qualche rallentamento. L’impatto economico complessivo del settore in Europa, sempre secondo l’European cruise council, è di 14,4 miliardi di euro, di cui 4,5 in Italia. Non si tratta comunque di un settore di lusso; o meglio, non «solo» di lusso. Chi sceglie di fare il giro del mondo, che sicuramente non è alla portata di tutti, è una netta minoranza. Ma i prodotti più semplici sono ormai accessibili alla grande massa delle persone, e non è casuale che negli ultimi vent’anni l’età del pubblico medio si sia fortemente abbassata, e che in crociera ormai si trovino prevalentemente coppie giovani e famiglie. Fu negli anni Ottanta che la vacanza in mare cambiò radicalmente, e al concetto dell’elegante transatlantico si sostituì quello dell’elettrizzante villaggio in navigazione.
La cantieristica e le tecnologie hanno aiutato questo corso: navi sempre più grandi e moderne hanno permesso di abbassare i costi medi e di offrire il viaggio a una platea molto più vasta.

Ma se anche il pacchetto-base è a basso costo, gli operatori sanno che per aumentare i ricavi possono confidare sui cosiddetti servizi ancillari, ovvero extra, bevande, spa, escursioni e casinò, che contribuiscono, in maniera quasi inconsapevole, ad aumentare il costo della vacanza.

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