News of the World Vi racconto le ultime ore di un giornale assediato

Uno dei 200 cronisti licenziati rievoca il finale amaro della storica testata: "E' tutto vero, Dan, l'ho appena detto a mia moglie, che ha pianto". Insulti via web a tutti i giornalisti. Che non c'entrano nulla

News of the World 
Vi racconto le ultime ore  
di un giornale assediato

Daniel King

Che strano, essere proprio noi l'ultima notizia!
Sarebbe stato opportuno che un giornalista di qualche altro editore mi facesse sapere che la mia carriera era a una svolta drammatica.
La chiamata arrivò alle 16,45 ora legale britannica di giovedì 7 luglio. «Dan, cosa significa tutta questa storia della chiusura di News of the World?» «Che cosa?» «Non hai ricevuto la mail?».
Quel giorno lavoravo da casa e mi ero interrotto per preparare il tè - pollo al curry, riso e focaccine - per me, mia moglie e i due bambini. Da qualche minuto non controllavo la posta in arrivo.
Iniziai a leggere il messaggio, che risultava provenire da James Murdoch, presidente e direttore della News Corp., capogruppo di News International, proprietaria di News of the World.
«Sarà uno scherzo. Ti richiamo».
Chiamai subito in ufficio per parlare con il capo redattore dello sport. «Chi si è infiltrato nel sistema e ha mandato questa mail? Deve essere uno scherzo». «Dan, non è uno scherzo». «Per favore, smettila. È una presa in giro».«No, Dan. Ho appena finito di parlare con mia moglie, che è scoppiata in lacrime». Fu così che appresi la notizia che News of the World stava chiudendo, dopo 168 anni, e che io stavo per restare senza lavoro.
Pochi minuti prima, la Ceo di News International, Rebekah Brooks, era arrivata al secondo piano al Nr. 3 di Thomas More Square, Londra, accompagnata dalle guardie della sicurezza. Dopo una settimana di terribili, nauseanti rivelazioni, che colpivano il nostro giornale, lo staff si aspettava qualche dichiarazione. Invece niente.
Non erano giorni facili per chi è giornalista, men che meno per un giornalista di News of the World. Lo spettro della pirateria telefonica vagava da anni sulle «News of the Screws» («Scandali sessuali»), ma questa volta era uno spettro da guerra atomica.
Per il pubblico britannico, ascoltare le conversazioni di personaggi celebri o politici, e perfino di persone della famiglia reale, poteva essere inopportuno, ma non costituiva una pesante offesa. Ma inserirsi abusivamente nel telefono di una ragazza scomparsa e cancellare i messaggi per dare spazio ad altri, e perciò interferire nelle indagini penali e riaccendere le speranze dei suoi familiari, era giustamente considerato un fatto disgustoso e offensivo, su un piano completamente diverso.
Ero abituato a ricevere qualche insulto via Twitter, da fan dei club di football che non condividevano i miei articoli. È una strana abitudine della cultura inglese quella di insultare la madre di qualcuno e passarla liscia, ma guai se sminuisci a qualcuno la sua squadra preferita.
Però qui si trattava di ben altro. «Dì a questi figli di puttana che li hai in odio», diceva uno dei messaggi inviati nel cyberspazio, allegato agli indirizzi Twitter, mio e di alcuni colleghi. «Feccia subumana» era un altro degli insulti scagliati contro di noi.
Potete immaginare il nostro stato d'animo. Tutti i giornalisti e gli altri impiegati dello staff erano letteralmente nauseati.
Eppure, noi non eravamo responsabili di quanto accaduto. Metterci tutti nello stesso calderone non era giusto. La maggior parte di coloro che lavoravano al News of the World non era nemmeno presente al momento dello scandalo dei presunti reati commessi. Ma eravamo obiettivi facili e la mentalità del mobbing è sempre potente.
Lo stesso si può dire dell'agenda politica. Il giornale The Guardian e la Bbc hanno seguito la storia con gran vigore, istigati dal partito laburista, che sentiva odore di sangue perché l'ex portavoce del primo ministro, Andy Coulson, era stato direttore del Notw durante parte del periodo in questione, e la Brooks, anche lei ex direttore del giornale, era ospite abituale a pranzo nella sua casa dell’Oxfordshire. Se aggiungiamo a questo miscuglio la gara controversa di News Corporation per l'acquisizione integrale di BSkyB, ne esce un uragano perfetto.
Io e i miei colleghi siamo stati catturati nel bel mezzo di questo uragano. Sapevamo che Notw stava per attraversare tempi difficili, ma di tutti i modi in cui pensavamo finisse la storia, quello della chiusura non era mai stato preso in considerazione. Sembrava veramente strano, per chi è abituato a dare notizie, essere «la notizia». C'erano squadre di cineoperatori fuori dal mio ufficio, quando sono arrivato sabato all'ora di pranzo per collaborare alla 8674esima edizione di quella che era considerata un'istituzione britannica. Ho scritto l'ultimissimo articolo di sport per il Notw, un breve articolo sulla sconfitta inglese da parte della Francia nella Women's World Cup - mai così adatta a questo momento. Abbiamo scattato foto ricordo di gruppo, mangiato pizza con birra e vino, e il nostro direttore Colin Myler ha tenuto un discorso.
Infine, contrariamente alla tradizione, ha convocato tutto il suo staff battendo con un righello sulla scrivania, fino a che tutti (circa 200 persone) non sono scesi nell’atrio. Colin aveva deciso che avremmo dovuto uscire a testa alta. Ci ha condotto fuori per affrontare i flash dei fotografi e delle telecamere e l'atmosfera era un misto di sconfitta e di orgoglio. Dopo un breve discorso per la televisione, ha annunciato che, nella migliore tradizione di Fleet Street, saremmo andati tutti al pub.
Sto scrivendo queste righe, dopo essere stato in piedi tutta la notte a bere con gli ex colleghi. Il lavoro al News of the World è stato stimolante. Ma sono sempre stato fiero di una domenica in cui leggevo le nostre pagine sportive, trovandole di uno standard decisamente diverso dalle stesse pagine di altri giornali.
In ogni caso, non c'è tempo per i sentimentalismi.

Ho una moglie, un figlio di otto anni, una bambina di cinque, una casa e un cane da accudire e devo trovare un lavoro prima che la mia liquidazione svanisca, nel clima economico più difficile che si sia mai visto da quasi un secolo. Ma questo è il giornalismo. Questi sono gli affari. Questa è la vita.
Traduzione di Rosanna Cataldo

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