«Niente balli, voglio esplorare l’Artico»

Così la fanciulla, all’epoca diciannovenne, scriveva al fratello all’inizio della sua avventura: «Dicono tutti che è una follia. Ma è un’occasione che non si ripeterà»

Dal volume Oltre Capo Nord. Viaggio di una donna allo Spitzberg (Voland) pubblichiamo l’inizio della prima lettera di Léonie d’Aunet scritta nel giugno del 1839 a bordo del «Wilhem de Eerst» al fratello Léon de Boynest.

Mio caro fratello,
come tutti, anche voi vi meravigliate e mi domandate come abbia potuto concepire il progetto di intraprendere questo grande e lungo viaggio che mi vedete iniziare con timore. Ebbene, il progetto è nato molto semplicemente, da una conversazione casuale. Ecco come.
Circa un mese fa, a casa mia, si trovavano riuniti alcuni amici tra cui Paul Gaimard, il celebre viaggiatore che ha fatto due volte il giro del mondo e ha preso parte a non so quante spedizioni dirette al Polo. Quel giorno, con la sua eloquenza meridionale e pittoresca, ci raccontò il naufragio dell’Uranie alle isole Maluine; in particolare, si dilettava nel riferire con dovizia di particolari tutte le prove di coraggio e sangue freddo fornite in quella circostanza da Mme Freycinet che accompagnava il marito, comandante dell’Uranie. Quando ebbe finito, qualcuno disse:
«Povera donna, come deve aver sofferto!».
«Voi la compatite?», esclamai. «Io la invidio!».
Gaimard mi guardò.
«Parlate seriamente, madame?».
«Molto seriamente».
«Vi piacerebbe fare il giro del mondo?».
«È il mio sogno».
«E osare di più?».
Non capivo, credevo che Gaimard si prendesse gioco di me.
«Sì, di più», riprese lui. «Abbiamo fatto il giro del mondo molte volte, ma non ci siamo ancora abbastanza inoltrati nelle latitudini vicine al Polo per sapere se da lì si può arrivare in America».
«Be’, conoscerete certamente la rotta da seguire per trovare il passaggio!».
«No, ma andiamo a cercarlo; parto fra tre settimane con una commissione scientifica di cui sono presidente, per esplorare il Mar Glaciale nella regione dello Spitzberg e della Groenlandia».
«Siete davvero fortunato!».
«Lo sarei molto di più se questa spedizione interessasse vostro marito, e se lui volesse venirci in aiuto con il suo talento».
«Penso che gli si potrebbe fare una proposta in tal senso!».
«Volete farvene carico voi, madame?».
«Sì, ma a una condizione».
«Quale?».
«Di accompagnarlo».
«Fino alla fine?».
«Fino alla fine».
«Questo presenterà delle difficoltà perché le donne non possono imbarcarsi sulle navi di Stato, e...».
«Allora non gli dirò una parola del viaggio».
«No, parlategliene, vedremo di superare l’ostacolo».
La sera stessa avevamo già messo a punto il progetto del grande viaggio che aveva riscosso unanimemente i nostri consensi.
Il giorno dopo annunciammo la partenza agli amici.
Fu un coro di disapprovazione: «Che follia!», mi fu detto. «Tornerete imbruttita».
«Perché mai?».
«Sono paesi così orrendi! E voi siete troppo giovane e delicata per le fatiche di un tale viaggio; aspettate, almeno».


«No, innanzitutto l’occasione non si ripresenterà, poi in futuro magari avrò dei bambini e allora non avrò più il diritto di esporre la mia vita ai pericoli di simili avventure».
«Alla vostra età si va ai balli, non al Polo».
«L’uno non esclude l’altro; se ritorno, avrò tutto il tempo di andare ai balli».
«E se non fosse così?».
«Avrete il piacere di dire: l’avevo avvertita».

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