da Parma
«Come Gilles, come Nuvolari. Quella gente lì». Lingegner Mauro Forghieri è in piazza a Parma, fa freddo, «doveva essere una festa per tutti noi del Club Italia auto storiche, invece è tragedia... lo stavamo aspettando qui. Tutti noi, vecchi amici. Clay, Clay, Clay - ripete - è come Gilles, come Nuvolari, quella pasta lì; Clay è la storia dellauto, uomini che hanno vissuto e corso senza far calcoli, dando tutto se stessi, regalando solo e sempre coraggio».
Per appassionati e no, Forghieri vuol dire formula uno, soprattuto Ferrari, per ventanni papà delle monoposto di Maranello quando i bolidi e i motori li pensava un uomo solo seduto dietro a un bancone. Forghieri resta lultimo papà italiano di rosse mondiali: quelle di Lauda, il primo proprio in coppia con Regazzoni, e quella di Scheckter, 1979.
«Sono sotto choc - ripete -; venendo qui, alcuni di noi sono arrivati in ritardo e mi hanno detto di aver visto un brutto incidente in autostrada; neppure si erano accorti che riguardava il nostro amico. Fino alla notizia, lunico problema era trovare, qui in città, una camera dalbergo con la porta del bagno abbastanza grande da farlo passare; la carrozzina si bloccava sempre e lui come si infuriava... Un ricordo? Ma come faccio a darle un ricordo, uno solo: cè una vita di ricordi. Eravamo amici già in F2, guidava una Tecno, penso al suo entusiasmo, uguale, oggi come allora: ricordo un giorno, stavamo andando a una gara e mi disse: Oggi vinciamo, non dovremmo, ma vedrai che ce la faremo...; perché?, gli chiesi, ma perché ci sono io».
Forghieri è commosso, ogni tanto la voce sinterrompe; se ne sta lì assieme agli altri ad aspettare chi non verrà più, e intanto aspettano solo notizie. «Ma comè successo? So che cè di mezzo un tir...». Voce stanca.
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