RomaSe a Roma il presidente della Corte dappello Giorgio Santacroce invita i magistrati a non cercare «visibilità» e a perseguire lindipendenza, il presidente della Corte dAppello di Lecce, Mario Buffa, ringrazia invece il presidente della Repubblica Napolitano «per averci allontanati dal precipizio verso il quale inconsciamente marciavamo, per averci tirato fuori dalla palude, per averci fatto svegliare da una sorta di incubo». Incubo Berlusconi, naturalmente.
Secondo Marcello Maddalena, procuratore generale a Torino, il clima sè fatto «più sereno», sono migliorati i rapporti tra politica e magistratura, e si possono quindi affrontare le riforme. Ma anche se è cambiato il governo, non sono poche le procure da cui partono nel giorno dellinaugurazione dellanno giudiziario ancora riferimenti impliciti allex presidente del consiglio, e lindipendenza chiesta da Santacroce sembra un miraggio. Soprattutto perché, dalle relazioni, emerge che non è Berlusconi il male per la giustizia: tutte le procure lamentano tempi biblici per i procedimenti civili (14.196 cause arretrate iscritte prima del primo gennaio 2008 a Roma). La seconda emergenza è la mafia: da nord a sud. A Roma, ha sottolineato il presidente della Corte dAppello, cè adesso un hinterland «da romanzo criminale». Scontenti gli avvocati, che hanno disertato le cerimonie, in quanto ritenute «allinsegna di una rivendicata volontà di egemonia nei confronti della funzione legislativa», secondo lUnione delle Camere penali, che vede anche questa volta il vizio da parte dei magistrati di voler «scrivere le leggi prima di interpretarle».
Un tabù è comunque infranto: da Roma proprio Santacroce ha toccato ieri un argomento che finora i magistrati hanno amato molto poco, cavallo di battaglia della riforma della giustizia del governo Berlusconi: «Una volta accantonati i toni accesi e i modi pretestuosi di una guerra di religione», ha spiegato, si possono affrontare temi in effetti importanti, tra i quali «la separazione delle carriere», ovvero la scelta del magistrato tra la via inquirente e quella giudicante. Da Perugia ha ribadito subito la sua contrarietà il procuratore generale presso la corte dAppello Giovanni Galati. Santacroce ha anche espresso una ferma condanna dei colleghi che cercano la fama: la garanzia di controllo, ha avvertito, può essere compromessa «dalla ricerca di vetrine di visibilità e da coinvolgimenti esterni».
Lallarme mafia è stato lanciato in Piemonte, in Emilia, in Abruzzo.
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