O di qua o di là: attenti al voto trappola

Un voto non dato alla Moratti è un voto perso. È un voto a Pisapia e a tutto quello che rappresenta. Milano non è una città qualunque. Quasi sempre è qui che il destino dell’Italia si ritrova in bilico. Ma questa volta il discorso vale ovunque: a Napoli come a Trieste. È sì o no. È bianco o nero. È una scelta, un passaggio, un crocevia. È Cav o anti Cav. Non è in gioco solo il futuro di Gianni Lettieri o di Giovanni Di Giorgi. In questo voto c’è molto di più. Mai come ora il sindaco incarna un’idea politica. Berlusconi ancora una volta si appella alla democrazia. I suoi nemici sperano di trovare una scusa per mandarlo a casa. Non c’è pareggio. O di qua o di là. Le ragioni sono evidenti. Berlusconi è sotto assedio: l’azione politica delle procure, il gossip come forma di delegittimazione, la vera macchina del fango, la storia ripetuta in tutti i luoghi, in Italia e all’estero (soprattutto all’estero) di un Cavaliere tiranno e dittatore, con allusioni a Hitler, Mussolini, Gheddafi, Ceausescu e qualsiasi figura nera e torbida. Questa leggenda messa in scena da un gruppetto di scrittori e intellettuali non ha mai digerito le scelte elettorali degli italiani. Si sono inventati uno strambo teorema politico: se la democrazia fa vincere Berlusconi allora non è democrazia. Milano è l’ennesima prova. È per questo che la campagna elettorale è andata avanti a muso duro, senza chiaroscuri, netta, dura, sopra il pentagramma. È un voto che non lascia spazio ai sofismi, ai tentennamenti, a ghirigori politici. Quelli che dicono di non amare la Moratti ma di tifare per Berlusconi non hanno capito nulla. La scelta deve essere chiara. Indicare un partito della coalizione senza votare il sindaco significa far vincere l’ideologia anti Cav. Questo vale per quelli che dicono: è la moglie di un petroliere. Per quelli che si lamentano delle multe. Per chi trova la lady di Palazzo Marino poco espansiva o si infastidiscono per i suoi tailleur. Questo vale per quelli che esclamano: ma io voto la lista. E vale anche per la Lega. Il Carroccio spera di portare la competizione al ballottaggio per pesare ancora di più, per chiedere il conto. Ma Bossi e i suoi stanno camminando su un terreno molto insidioso. Rischiano di scivolare. Non stare in modo chiaro dalla parte di Berlusconi, lasciarlo a mezz’aria, sperare in un piccolo sgambetto, potrebbe avere conseguenze anche per Bossi, Maroni, Calderoli e tutti gli altri. Il destino del Carroccio senza Berlusconi è molto più incerto. Forse è ancora troppo presto per pensare al dopo.

Questo è un passaggio difficile, perché il Pdl ci arriva diviso da correnti che scorrono sotterranee, con troppi capibastone in corsa per conquistarsi un posto in prima fila. Ma non è questa l’ora delle ambizioni personali. Berlusconi si sta giocando molto e come sempre ci mette la faccia. Gli altri siano al suo livello. Senza ambiguità.

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