Olmert se ne va, ma lo rimpiangeranno

Quanto tempo ci vorrà perché l'opinione pubblica israeliana rimpianga Olmert dopo l’annuncio delle sue prossime dimissioni? Meno di quanto i suoi avversari prevedono. Un primo segnale lo dava ieri il Jerusalem Post parlando della «dignitosa fine» della presidenza Olmert dopo averlo coperto di (sinora mai provati) sospetti di malversazione. Per l'altro grande quotidiano israeliano Haaretz il desiderio di ferire questo leader è ancora vivo. «Ehud Olmert ha fallito in guerra come in pace», scriveva ieri un suo editorialista, il che per lo meno è solo parzialmente vero.
Anzitutto perché il fallimento del tentativo di distruggere gli Hezbollah nella seconda guerra del Libano (voluta all'unanimità dall'opinione pubblica israeliana) è - come notava la commissione d'inchiesta sul conflitto - attribuibile agli errori e alle incertezze di Olmert ma anche all'impreparazione dell'esercito, della difesa civile, dell'intelligence di cui tutti i suoi predecessori appaiono colpevoli. In secondo luogo perché proprio la debolezza provocata dagli attacchi mossi contro il premier lo hanno indotto a una proficua prudenza nei confronti degli arabi: pacificazione, grazie alla presenza delle forze dell'Onu nel Libano, della frontiera settentrionale dopo anni di sanguinosa turbolenza; difficile ma saggio controllo delle risposte agli attacchi di Hamas da Gaza. Esso ha contribuito a provocare la rottura del fronte palestinese, l'aggravamento dei rapporti fra Hamas e l'Egitto, la domanda di una tregua da parte di Hamas che dimostra quanto sia stata efficace la tattica di risposte limitate e mirate piuttosto di una inutile sanguinosa rioccupazione di Gaza come molti critici di Olmert chiedevano. La storia dirà l'ultima parola sull'operato di un uomo che ha dimostrato di possedere una qualità politica che manca a molti suoi critici: nervi d'acciaio e capacità di resistere senza perdere la testa alle massime pressioni.
Se l'inchiesta per uso improprio di fondi (che Olmert afferma aver usato a scopi elettorali, non personali) dovesse alla fine dimostrarsi inconcludente «le autorità preposte all'applicazione delle leggi - scrive un editoriale - risulterebbero complici nell'aver espulso un primo ministro dalla sua carica con orrende conseguenze per la democrazia israeliana» (cosa che in Italia non suonerebbe nuova).
Supposizioni a parte, quattro sono ora i problemi che la dirigenza israeliana deve affrontare. Il primo è la lotta per la successione di Olmert alla testa del partito Kadima. Il ministro degli esteri Livni sembra favorita, ma nei traballanti equilibri di governo di Israele non garantisce la sopravvivenza dell'attuale coalizione sino alla fine della legislazione in autunno 2009. Il secondo problema è come continuare le trattative iniziate da Olmert con l'Autorità palestinese e con la Siria. Olmert aveva creato un clima di rapporti personali di fiducia con i rappresentati della prima e di oneste intenzioni di pace con i rappresentanti della seconda. Non è chiaro se i suoi successori saranno in grado di continuare e sviluppare. Il terzo problema è la situazione di decrepitudine, corruzione, incompetenza di tutti i partiti israeliani.
Se non ci saranno elezioni generali prima del 2009 è solo perché la stragrande maggioranza dei deputati sa che il pubblico ha perduto fiducia nella loro onesta e competenza. Con un'economia in sviluppo a ritmo asiatico, con l'apporto di immigranti che per la prima volta sono in grado di votare valutando con conoscenza i problemi, con un esercito riformato dalla guerra del Libano, con 300 milionari ufficialmente elencati (con un minimo di 30 milioni di dollari) in un paese dove un milione di bambini vive sotto il livello della povertà è difficile prevedere come l'elettorato si comporterà.

Infine, questione sempre più pressante, c'è la definizione dell'identità di uno stato che si pretende ebraico ma insiste nel voler difendere una democrazia sempre più laica. Olmert si è dimostrato un abile equilibrista politico. Le sue dimissioni creano un vuoto che Israele, così come il mondo arabo e quello occidentale, ha bisogno di colmare al più presto.

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