Olmi: "Ho deciso di tornare a dirigere perché Gesù mi ossessiona"

Col regista sul set del "Villaggio di cartone": una storia su immigrazione, generosità e perdono. "Il futuro? È nella riscoperta delle nostre origini"

Olmi: "Ho deciso di tornare a dirigere perché Gesù mi ossessiona"

Bari - Una storia di accoglienza tra culture e confessioni religiose diverse. Una storia di attualità, di integrazione. Ma soprattutto una storia spirituale. È un po’ tutto questo il nuovo film che, quasi ottantenne, Ermanno Olmi sta girando in quel di Bari con un cast internazionale composto da Rutger Hauer (erano insieme in La leggenda del santo bevitore, Leone d’oro nel 1988), Michael Lonsdale (Il nome della rosa e Uomini di Dio tra gli altri), Massimo De Francovich e Alessandro Haber, oltre che da numerosi africani non professionisti scelti con casting in tutta Italia. A spingere il maestro a tornare dietro la cinepresa dopo che, tre anni fa, aveva annunciato l’addio al cinema sono state una riflessione e una circostanza personali. «Avrei dovuto realizzare un documentario sulle coste del Mediterraneo per il direttore di Raitre Paolo Ruffini - premette Olmi -. Sapete, alla mia età ormai si vive di ossessioni e la mia ossessione è la figura di Gesù Cristo. Non ne trovo di altrettanto luminose nella storia. Così, avevo in mente un viaggio sulle rive dei nostri mari per documentare attraverso dei volti, dei gesti, anche un disagio, le tracce di un Gesù attuale. Che però ci desse uno sguardo sul futuro, un futuro di sentimenti più che di orologi». Purtroppo una caduta ha costretto il regista a una lunga immobilità, rendendo impossibile la realizzazione di un’opera itinerante. «A quel punto, anziché viaggiare io alla ricerca dei miei personaggi, ho pensato che li avrei scelti e convocati in un posto. L’idea centrale si svolge attraverso le storie di una trentina di personaggi, in gran parte africani, molto diversi da noi». Ma questa diversità, anziché essere solo motivo di conflitto, diverrà occasione di arricchimento e completamento. «In fondo, l’Africa è la terra delle origini, ritornando alle quali possiamo scoprire il nostro domani», sostiene il cineasta.

Coprodotto da Cinemaundici e Raicinema, in collaborazione con Edison, la società nella quale oltre cinquant’anni fa Olmi lavorò come impiegato e dove mosse i primi passi da regista, Il villaggio di cartone (4 milioni di budget totali) si svolge tutto all’interno della chiesetta alta 15 metri, la sacrestia e la canonica fatte costruire all’interno del palazzetto dello sport di Bari, dove si muovono un vecchio prete (Lonsdale), il sacrestano (Hauer), un medico (De Francovich) e un militare (Alessando Haber). All’età di ottant’anni il sacerdote, alter ego del regista, scopre di aver sempre voluto bene agli altri attraverso le modalità pratiche dell’amore. Ma che però il modo più profondo di amare è fatto di gratuità e perdono. «È un attimo che arriva alla fine della sua esistenza terrena - spiega Olmi -. Ma può essere il punto di partenza per il futuro del cuore che lo attende».
Alla conferenza stampa sono presenti alcuni degli attori di origine africana (senegalesi, egiziani, marocchini), che vivono da molti anni nel nostro Paese. «Ringrazio Ermanno Olmi di aver scelto un tema pericoloso per l’Italia e l’Europa come l’immigrazione», ha sottolineato in perfetto italiano il camerunese Ngoungou Essoua Blaise Aurelien, laureato in informatica che nel film recita la parte di una vittima. Titolo provvisorio, Il villaggio di cartone è un’opera sulla carità, un sentimento «rivoluzionario oggi, mentre si parla del partito dell’amore, come se l’amore fosse una merce, un marchio», manda a dire comunque senza animosità il regista. Mentre in Iraq si susseguono gli attentati contro i cristiani, con questo nuovo film Olmi vuole esortare a uno sguardo che vada «oltre i pregiudizi e l’ignoranza che ci deriva dal conoscere l’altro solo attraverso i telegiornali. Se impariamo a conoscerci, possiamo imparare a rispettarci e a collaborare. L’errore peggiore sarebbe aggravare la separatezza con le ideologie e con un modo fasullo di credere nella patria».

Olmi rimarrà a Bari a girare fino a metà dicembre, il film dovrebbe uscire nell’autunno 2011. Ma già da ora, c’è molta attesa. La Edison ci ha investito grazie alla formula del tax shelter, «nella speranza che altri soggetti privati seguano il nostro esempio». La Abulia Film Commission e la Regione Puglia contribuiscono con 240mila euro.

«Ritengo Olmi la più inattuale e perciò la più necessaria delle persone che conosco - ha sottolineato il governatore Nichi Vendola -. Ma oltre che per amicizia oggi sono qui anche per motivi politici, perché ritengo che in un momento di crisi sia strategico investire nella cultura e nella creatività artistica».

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