Ora Morelli imita Mastroianni: la fiction copia sbiadita del cinema

Roma Provaci ancora, fiction. Sarà la fame di nuovi soggetti; sarà il desolante vuoto d’idee; sarà l’insaziabile voracità del mercato. Fatto sta che quella che una volta era ancora pratica rara e azzardata (parliamo del remake: di grandi film o popolari sceneggiati del passato) oggi in tv è divenuto allarmante abitudine. Con tutti i rischi (e spesso i flop) del caso. Ultimo «bis» dal passato: La donna della domenica; remake dell’omonimo gioiello di Luigi Comencini, che nel 1973 Scarpelli e Age sceneggiarono dal best-seller firmato Fruttero e Lucentini (esemplare giallo nostrano, nella Torino bene dei primi 70: ricordate?) e che un’intrigante Marcello Mastroianni, una «charmant» Jacqueline Bisset, un ambiguo Jean-Louis Trintignant consegnarono al successo. Qui le carte per un successo-bis (in onda su Raiuno lunedì e martedì prossimi) ci sarebbero: «La sceneggiatura è dello stesso Scarpelli, e reintegra scene tagliate dallo stesso film», precisa Graziano Diana (sceneggiatore di pregio, assieme a Giancarlo De Cataldo). La ricostruzione della Torino aristocratica e piccolo-borghese di trentasette anni fa è accuratissima; la regia di Giulio Base lieve ed ironica. C’è perfino la stuzzicante presenza di Sara Tommasi, oggi agli onori delle cronache del «Rubygate», «che interpreta una prostituta - afferma il produttore Angelo Rizzoli - e la fa benissimo». (Il direttore di Raificton, Del Noce, chiarisce: «La vita privata della Tommasi non ci riguarda. È stata scelta per il cast in tempi non sospetti. E l’accanimento su di lei, che non ha commesso alcun reato, non mi sembra giusto»). «Mastroianni è il cinema italiano - cambia discorso Giampaolo Morelli (l’ispettore Coliandro)) cui è toccato ereditarne il ruolo; mentre al posto della Bisset c’è Andrea Oswart - Come si fa anche solo ad immaginare un paragone?».
Già: come si fa? Eppure ai confronti impossibili, la tv che tenta d’imitare il grande cinema, ormai, ci ha abituato. Dal 1985, quando bissò il Quo vadis? di Mankiewicz, con cast stellare (Max Von Sydow, Klaus Maria Brandauer, una giovanissima Barbara De Rossi) e fiasco kolossal, fino al 2012, quando per il centenario dell’affondamento rifarà addirittura Titanic (mega-produzione tra l’Irlanda, Rai Cinema e Maurizio De Angelis) è stato un crescendo di tentativi azzardati. Si oscilla dal rispetto filologico delle fonti letterarie (il nobilmente noioso Dottor Zivago di Campiotti, con un’ancora ignota Keira Knightley) allo stravolgimento dell’originale a fini biecamente sentimentali (l'Incompreso - piagnisteo con Zingaretti-Buy, che non vale una lacrima del capolavoro di Comencini). Si passa dalla sfiducia nel soggetto, del quale si sfrutta solo il titolo (I ragazzi della via Pal di Zaccaro, dove, incredibilmente, protagonisti non sono i ragazzini ma gli adulti) ad una fiducia tale da sfiorare il plagio più spudorato (il Francesco con Raoul Bova, che del Fratello Sole di Zeffirelli copia perfino le inquadrature). Talvolta il remake filmico è talmente incosciente da finire per funzionare (vedi Rebecca, dove al posto di Hitccock c’è, più modestamente, Riccardo Milani); a patto, però, di mutarne radicalmente clima e ambientazione. Mentre è soprattutto quando la tv copia se stessa - quando cioè, invece di scovare nuovi soggetti, scomoda i fasti del passato - che i guai si fanno seri. Nel 1989 Salvatore Nocita riscrive nientemeno che Manzoni, per i Promessi sposi che rifanno quelli, gloriosi, di Sandro Bolchi; e, non pago, affida il ruolo del lombardissimo don Abbondio al romanissimo Alberto Sordi. Mediaset, dal canto suo, è capace di peggio: nel Renzo e Lucia della Archibugi, la Mondella, incarnazione stessa della verecondia, si mostra nuda. Se l’intenzione è quella di resuscitare le emozioni di una volta, il dottor Manson di Massimo Ghini nella Cittadella 2003 non vale nemmeno lo stetoscopio di Alberto Lupo nell’originale anno 1964; e il crinito Heatcliff di Alessio Boni in La voce della Tempesta anno 2005 sembra il parente povero del rasato Raf Vallone epoca 1957. Si dirà: alle volte l’originale regge solo nel ricordo. Verissimo: ma allora perché scomodare il ricordo di Gino Cervi, votando al flop il Maigret di Sergio Castellitto? Rispetto ai precedenti alcuni remake scompaiono, letteralmente.

Chi ricorda più i catastrofici Cuore, David Copperfield, La freccia nera, pallide copie dei luminosi modelli? Col Puccini 2009, poi, si arriva al paradosso. Nella nuova fiction dedicata al creatore di Boheme (dopo quella, esemplare, con Alberto Lionello) a mancare è addirittura la musica di Giacomo Puccini. E il fiasco arriva, puntuale.

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