Il papà implora i giudici: "Non negate le cure a Celeste"

A due anni e mezzo sopravvive con una terapia sperimentale, ma il pm decide lo stop. Oggi la decisione del tribunale

Oggi è il giorno più lungo. A casa di Celeste si aspetta e si prega. Una passione. I minuti, le ore, il pensiero fisso che la vita di questa bambina sia tutta nelle mani del tribunale di Vene­zia. Le dita che si stropicciano, uno sguardo all’orologio, il tem­po che non passa mai, un peso nel­lo stomaco che ti soffoca e ti bloc­ca il respiro. Una madre e un pa­dre restano così, aggrappati stret­ti alla speranza, in balìa di un sì di un giudice. È solo questo che oggi Elisabetta e Gian Paolo chiedono, è solo di questo che avrebbero bi­sogno, un verdetto positivo, e allo­ra per la loro bambina la vita, forse anche normale, e al pensiero un sorriso che sfugge, una smorfia di chi non osa sperare. Se il giudice del lavoro dirà sì allora le iniezioni di cellule potranno continuare, se no, la fine. «Non fermatele, siate umani», chiede disperato il pa­dre. Due anni e mezzo fa Celeste era nata con una grave malattia neu­rologica che non ha cure, che pro­voca u­na progressiva atrofizzazio­ne dei muscoli e toglie il respiro, fi­no a soffocare. Diciotto mesi di vi­ta, era stato questo il verdetto dei medici. Poi il miracolo delle stami­nali che nel caso di Celeste preve­de il trapianto di midollo e periodi­che iniezioni di cellule. Una tera­pia che aveva davo buoni risultati. Celeste era in cura all’ospedale di Brescia, mamma e papà avevano visto con i loro occhi i progressi di questa bambina. Da uno stato di totale immobilità, la piccola ave­va iniziato a muovere la testa, le gambe, le braccia, fino all’arresto del processo degenerativo certifi­cato dai medici lo scorso settem­bre. Le cure praticate dal pediatra Marino Andolina e della Onlus Stamina Foundation stavano fa­cendo vincere Celeste sulla atro­fia muscolare spinale. Dopo tre se­dute la bambina stava ormai sedu­ta da sola sul passeggino, a ridere, a muovere le braccia.
Per questo non ci voleva quello che è successo dopo, quando alcu­ni mesi fa, l’attività della Onlus è stata bloccata dall’Aifa (Agenzia
italiana per il farmaco) dopo un’ispezione congiunta dei Cara­binieri del Nas e degli ispettori del­l’Aifa nei laboratori dell’ospedale di Brescia. Tutto è successo dopo un’inchiesta del pm Raffaele Gua­riniello che ha indagato su psicolo­gi e medici della fondazione, la Stamina Foundation, che collabo­rava con l’ospedale di Brescia. E proprio sulla Stamina Founda­tion sarebbero numerose le irre­golarità trovate dagli ispettori del Ministero della Salute nel corso dei controlli. La Procura di Torino ha ipotizzato i reati di sommini­strazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione per delinque­re. Vanno avanti le indagini, tredi­ci gli indagati, tra cui il presidente della Fondazione, intanto però il tempo per i malati scorre inesora­bile.
Così da maggio Celeste ha smes­so di ricevere iniezioni, niente più cellule del midollo osseo preleva­to dalla madre. E le sue condizioni sono peggiorate. Tutto fermo, no­nostante i benefici della terapia, nonostante la malattia abbia smesso di svilupparsi. I genitori di­sperati hanno presentato ricorso al tribunale di Venezia. Insieme a loro altri tredici pazienti, molti di loro bambini, tutti in una condi­zione simile a quella di Celeste. Per loro quelle staminali erano il condotto verso la vita. Ora è tutto congelato. Perso. Una lotta con­tro il tempo. Si vince o si muore. Il dottor Marino Andolina è preoc­cupato: «Ogni due giorni vado a vi­si­tare Celeste e la bambina comin­cia a cedere. Il respiro è affanno­so, la deglutizione della saliva in­certa. Senza la terapia le restano sei mesi di vita».
I genitori di Celeste non posso­no fare altro che sperare e prega­re. «Faccio appello - dice papà Gian Paolo - affinchè le persone coinvolte nella vicenda di mia fi­glia comprendano la gravità di quello che stanno facendo. Qui si parla di vite umane». Oggi con un provvedimento d’urgenza il giudi­ce p­otrà disporre o meno la prose­cuzione delle cure salvavita per la bambina. «Una situazione assur­da, spiega il pediatra Andolina. In questo modo il procuratore appli­ca la pena di morte.

Per questi pa­zienti non ci sono speranze senza le cure con le staminali, cure che evidentemente sono sgradite da chi è più in alto di noi. Basterebbe rispettare una legge, quella che permette di utilizzare le stamina­li, che già esiste. E non farlo equiva­le all’omicidio con dolo eventua­le».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica