La parabola di Nanni Moretti Prima Papa e poi presidente ...della giuria di Cannes

Ne fa di strada l’enfant terrible Nanni Moretti. Lo "splendido" cinquantottenne romano è stato nominato presidente del 65esimo festival di Cannes, di scena dal 16 al 27 maggio

La parabola di Nanni Moretti Prima Papa e poi presidente ...della giuria di Cannes

Da Papa a Presidente, ne fa di strada l’enfant terrible Nanni Moretti. Lo “splendido” cinquantottenne romano, infatti, è stato nominato presidente del 65esimo festival di Cannes, di scena dal 16 al 27 maggio. E mentre Roma fibrilla per la tormentosa nomina di Marco Mueller a capo della kermesse capitolina, da rilanciarsi senz’altro con un nome d’importanza internazionale e una non discutibile professionalità, Cannes gode. “E’ soltanto con un Presidente di Giuria europeo che il Festival potrà celebrare la sua 65esima edizione. Contrassegnati da foga, modernità e intelligenza,i film di Nanni Moretti incarnano quanto c’è di meglio nel cinema degli ultimi trent’anni. La sua è un’opera in costruzione continua, tesa a far vivere un cinema in presa diretta con il mondo e con il suo tempo”, dichiara in tono bombastico Thierry Frémaux, amministratore delegato della manifestazione cannense. Lui, il Nanni nazionale, sulla Croisette – praticamente – ci è cresciuto e si sa che i francesi hanno un debole per il borghese-bohémien di Monteverde, quartiere benestante della capitale. E poi: chi è più europeo di Moretti, che per finanziarsi “Habemus Papam” è ricorso ai fondi per il cinema della Comunità Europea? Nel 1978, il suo “Ecce Bombo” venne selezionato per ben figurare in Costa Azzurra; nel 1981 “Sogni d’oro” vinse il premio Speciale della Giuria a Vienna; nel 1976 “La Messa è finita” ottenne l’Orso d’Argento a Berlino. Et voilà: i cugini d’Oltralpe dormiranno tra due guanciali, conoscendo la conclamata cinefilia del regista, produttore, esercente e direttore di festival, ormai orfano del “Caimano”, l’odiato Silvio Berlusconi (temporaneamente) fuori gioco. E se nei salotti radical-chic dei quiriti potenti si spinge Mueller “il cinese”, Moretti “l’europeo” volerà a Cannes, dove peraltro ha già esercitato la sua vis polemica, sedendo in giuria nel 1997, insieme a Isabelle Adjani e a Mike Leigh. E lui, Nanni, che dice di tanta promozione? “E’ una gioia, un onore e una grande responsabilità presiedere la giuria del festival più prestigioso del mondo, che si svolge in un paese che ha sempre considerato il cinema con attenzione e rispetto”. Suonano i violini sul Tevere e intanto, da Parigi, qualche anticipazione trapela sui film papabili a Cannes.Ovviamente, dominano gli americani, a partire dal magniloquente Terrence Malick, che forse – dato il personaggio e la sua storica lentezza, meglio non giurarci – presenterà “The Burial”, film romantico dal cast brillante: Ben Affleck, Rachel McAdams, Rachel Weisz e Jessica Chastain, apprezzata ne “L’albero della vita”. Poi arriverà Paul Thomas Anderson con “The Master”, starring Joaquin Phoenix e Philippe Seymour Hoffmann. “Cosmopolis”, tratto dal romanzo di Don DeLillo e firmato dal maestro David Cronenberg, potrebbe sorprendere, insieme a “Laurence Anyways”, terzo film del canadese Xavier Dolan. “Moonrise Kingdom” di Wes Anderson sfoggia i veterani Bruce Willis ed Edward Norton accanto all’androgina Tilda Swinton. Magari potrebbe scapparci “On the Road”, che Walter Salles ha tratto dall’omonimo romanzo di culto di Jack Kerouack. E i francesi, staranno a guardare? Neanche per sogno: Fraçois Ozon sfila con un dramma sull’adolescenza, “Dans la maison”, interpretato dal tris d’oro Juliette Binoche, Emanuelle Seigner e Fabrice Luchini; Jacques Audiard porta in passerella “De rouille e d’os”; Laurent Cantet forse finirà “Confessions d’un gang de filles”, cineadattamento d’un romanzo di Joyce Carol Oates e Olivier Assayas è pronto col suo omaggio al ’68, “Aprés Mais”.

Per adesso, l’unico film tricolore certo a Cannes è “Lacrime” di Marco Bellocchio, il film sull’eutanasia al quale la regione Friuli ha negato assistenza economica, non volendo legare la propria immagine al concetto funerario di morte assistita: l’ultima opera di Bellocchio, infatti, trae spunto dal caso Englaro. Per come è iniziato l’anno italiano, tra i mortali costi della vita e la tragedia al Giglio, tutto si tiene.

 

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