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Parchi regionali in rivolta: «Dite che sprechiamo? No, produciamo ricchezza»

Parchi regionali in rivolta: «Dite che sprechiamo?   No, produciamo ricchezza»

«I Parchi regionali non tolgono spazio e risorse a quelli nazionali, ma producono risorse, in misura anche cinque volte superiore a quanto ricevono»: a sostenerlo è Dario Franchello, coordinatore regionale dei Parchi liguri, replicando alla «provocazione» del caporedattore del Giornale Massimiliano Lussana pubblicata ieri su queste pagine («Via i parchi regionali inutili per rinforzare quelli nazionali»).
Ma le accuse sono circostanziate, dottor Franchello: troppe nomine politiche nei consigli di amministrazione, magari per sistemare qualche non eletto; troppo alti i costi di funzionamento delle strutture. Perché, poi, non accorpare i parchi più grandi con i piccoli, in modo da realizzare opportune economie di scala?
«Io vorrei partire dall’indotto che gli Enti Parco hanno generato sul territorio, a vantaggio di cooperative di giovani cui vengono affidate la gestione delle attività di fruizione turistica, e di aziende agro-forestali che realizzano gli interventi di manutenzione e riqualificazione della rete di sentieri e delle aree verdi. Senza contare il ritorno sull’attività dei gestori di strutture ricettive del territorio, soprattutto nell’entroterra».
Tutto qua? Non sarà la vecchia politica di interventi pubblici per creare posti di lavoro come sussidi di disoccupazione?
«Niente affatto. Consideriamo i piccoli comuni montani, “orfani“, per così dire, dopo la soppressione delle Comunità montane. Queste realtà minori riconoscono nel Parco l’opportunità di sviluppare interventi e iniziative a beneficio della comunità locale altrimenti impensabili».
Parliamo di soldi: investimenti o, in certa misura, sprechi?
«I Parchi regionali hanno saputo investire in Liguria molte più risorse di quanto sia costato il loro funzionamento, con un effetto moltiplicatore mediamente di 1 a 3, ma in taluni casi di eccellenza anche di 1 a 4 o a 5. In questo senso i Parchi regionali hanno dimostrato capacità progettuale e attrattiva, e di condurre come capofila azioni concertate tra pluralità di soggetti pubblici e privati, attirando finanziamenti europei e statali».
Finanziamenti che, poi, mancano ai Parchi nazionali.
«I diversi programmi di finanziamento sono di provenienza mista, comunitaria, statale e regionale, e vengono attivati espressamente per queste realtà. Non si possono dirottare».
La Regione, comunque, è un erogatore particolarmente importante. Un fiume di denaro.
«Precisiamo. La Regione contribuisce alle spese correnti delle sole aree protette regionali, e copre gran parte della spesa corrente degli enti parco regionali e una quota per le aree protette regionali gestite da altri soggetti. Ma i contributi hanno subito una grave flessione nel 2010 e un crollo clamoroso con il bilancio di previsione 2011 (700mila euro in totale), mentre non sono previsti contributi regionali per la spesa corrente delle aree protette istituite dallo Stato».
Voi stessi riconoscete che c’è da cambiare qualcosa.


«Senza dubbio, in termini di competenza, coerenza, programmazione, continuità e collaborazione con l’amministrazione pubblica, gli operatori economici e le rappresentanze sociali. L’assessore Renata Briano ce lo ricorda sempre. Ci stiamo attrezzando».

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