Fausto Bertinotti è stato un maestro del linguaggio politico. Ha potuto seguire il passaggio da una sinistra guidata dalla memoria del Pci e la trasformazione di essa in due posizioni definite: quella del partito radicale di massa da parte dei diessini e dell'antagonismo dei movimenti da parte di Rifondazione.
Il partito postcomunista ha tentato di assumere formalmente il linguaggio socialdemocratico ma, non avendo fatto a suo tempo quella scelta ma avendola osteggiata, si trova in un vuoto di linguaggio. L'unica via in cui un partito socialdemocratico può uscire dalla socialdemocrazia è quella tentata da Zapatero in Spagna: una linea liberale in politica economica, proiettando l'immagine del suo partito nell'ideario degli spagnoli. Si è posto come un promotore della società che rompeva con la Chiesa e con la stessa concezione della Spagna come nazione unitaria, legata all'identità cattolica della corona castigliana. Ha agito su due fronti: quello della famiglia, assumendo una posizione radicale contro la concezione cattolica della famiglia sino ad abolire il concetto della famiglia stessa. E, d'altro lato, ha cercato di dare uno spazio ai catalanisti concedendo di definire nel loro statuto regionale, la Catalogna come nazione, quindi come un potenziale Stato. Ha messo cioè le condizioni per cui domani legittimamente Barcellona chiederà di poter essere capitale dello Stato indipendente. Ci sarà così l'unità della Spagna e esisteranno due diverse Spagne.
Per ridefinire una sinistra dopo la fine del modello socialdemocratico, Zapatero ha inventato la via che potremmo chiamare "radicale" con riferimento al termine "radicale" della politica italiana e, prima ancora, di quella francese. Cioè un partito laicista. Il Pci non era stato laicista, era un partito intrinsecamente concordatario. Ha fatto inserire nella protezione costituzionale i Patti Lateranensi, ha messo la sua firma alla revisione del Concordato. Vi è ancora nel partito postcomunista una eredità di Togliatti e Berlinguer nel compromesso reale con la Chiesa cattolica in Italia. Con ciò i postcomunisti si trovano privi di quel messaggio politico che solo può valere come messaggio dopo la fine della socialdemocrazia, cioè il modello laicista. Non è detto che il modello laicista funzioni, nemmeno in Spagna. Un colpo gravissimo ha inferto al governo socialista la decisione dell'Eta, la mano armata del terrorismo basco, di chiudere il tempo di tregua degli attentati e di riprenderli.
Se fosse riuscita la pace con l'Eta, il modello di frammentazione della Spagna che era la chiave del laicismo socialista avrebbe avuto successo. Perché il prezzo della pace era quello di creare nel paese basco una via come quella catalana riconoscendo alla nazione basca il diritto a essere Stato. Zapatero è obbligato a richiedere la collaborazione del Partito popolare che la rifiuta, poiché il governo ha permesso la confluenza di voti indipendentisti in un partito, l'Azione nazionalista basca: uno strumento dell'Eta che la magistratura aveva delegalizzato e interdetto. I popolari chiedono che il governo accetti la illegittimità del partito clone dei terroristi baschi.
I diessini non possono seguire la via del partito radicale di massa che contraddice la loro storia, ma non ha fatto propria la definizione come socialista perché vorrebbe dire ricevere la propria legittimazione dalla storia del Psi, non da quella del Pci. Il radicalismo di massa è bloccato dalla tradizione comunista che ha sempre cercato l'intesa con la Chiesa cattolica. Non a caso il tentativo dei diessini di sciogliere il loro partito è una fusione con i postdemocristiani. Per questo il Partito democratico nasce come legato a un governo e al suo presidente del Consiglio come unico contenuto del loro partito che non dispone di una propria motivazione e non può dare al governo il linguaggio di una "missione".
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