Il partito laicista che fa la guerra a Geronzi



Quell’intelligente ma malizioso sito Internet che è Dagospia legge così un articolo di Massimo Mucchetti sulla parificazione delle condizioni di onorabilità dei vertici di banche e assicurazioni: il Corriere della Sera sta sulle Generali e silura il primo azionista Rcs cioè Cesare Geronzi. E questa mucchettiana - suggerisce ancora Dagospia - sarebbe un’operazione ispirata da Giovanni Bazoli.
Vi sono diversi buchi in questa pur brillante interpretazione. A partire dal fatto che Mucchetti è un giornalista di razza che svolge le sue analisi in grande indipendenza. E comunque la sua attuale ispirazione politica pare per più versi allontanarsi da quella di Bazoli, con cui vi è stata certamente una lunga simpatia, innanzi tutto tra bresciani. Per coincidenza proprio ieri sull’inserto Sette del Corriere, Mucchetti fa intendere quale siano oggi i suoi sentimenti, scrivendo un delicato omaggio a quello che fu il «partito Fiat». Ed è proprio la nostalgia per questo mondo che va letta dietro molte prese di posizione e analisi espresse di questi tempi.
Ribadiamo: non si tratta di complotti ma di idee e movimenti reali di persone e ambienti. La storia d’Italia, già improntata dalle divisioni tra guelfi e ghibellini, dopo il Risorgimento è segnata ancora più marcatamente da una divisione tra poteri finanziari laici e cattolici. Lo stesso Benito Mussolini usando alcuni dei migliori quadri ultralaici nittiani, pur rigorosamente antifascisti, nel sistema finanziario, la tiene in piedi. La Dc, nel costruire il sistema che esce dalla Seconda guerra mondiale, fa della spartizione del potere bancario tra laici e cattolici uno degli elementi caratterizzanti. Quella grande personalità intellettuale e politica che fu Beniamino Andreatta, quando agli inizi degli anni Ottanta si danna per salvare il Banco Ambrosiano, lo fa dicendo che era in gioco la sopravvivenza della presenza cattolica nelle banche.
Ebbene una parte di questa storia si è esaurita. Un ruolo lo gioca lo stesso Papa Ratzinger, finissimo intellettuale che si richiama assai spesso alla ragione naturale da accompagnare alla fede, ascoltando anche istanze dell’illuminismo. Alcuni effetti sistemici connessi alla fine di una particolare protezione della nostra economia agli inizi degli anni Novanta hanno scombinato quei meccanismi che permettevano un certo tipo di potere bancario. E un contributo è venuto da Silvio Berlusconi, la cui presenza è anche per questo motivo ferocemente contrastata, dimostra l’esaurirsi di establishment chiusi ed esclusivi.
Giulio Tremonti ha combattuto per una fase un certo stile di potere di banchieri «cattolici», la base materiale del sistema assai pervasivo nell’economia, di Romano Prodi. Poi è riuscito, anche grazie a una reale elaborazione culturale, e proprio con i banchieri citati (i vari Bazoli, Geronzi, con Giuseppe Guzzetti) a definire un sistema aperto in cui le appartenenze non sono più omogenee a sistemi di potere. E così Bazoli cerca i Domenico Siniscalco. Geronzi i Marco Tronchetti Provera. Giuseppe Mussari i Francesco Caltagirone, fuori dalle vecchie logiche laici contro cattolici.
La nostalgia verso gli antichi partiti laicisti, più che da vere tensioni politico-ideali, nasce soprattutto in chi grazie a quelle logiche pensa di potere conservare posti di guida nelle imprese, dalla Rcs a quelle finanziarie, ad anche grandi imprese industriali. Con un effetto perverso da non trascurare: una certa divisione settaria tra italiani ha lasciato sempre spazio per un’influenza impropria di ambienti internazionali.

Che non coincide con la sempre più necessaria apertura dei mercati, ma con rapporti asimmetrici tra establishment delle varie grandi nazioni. Ribadisco: parlo di influenze non di complotti. Ma anche le influenze trascurate alla fine minano gli organismi.

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