Sembrano riaprirsi i giochi per la Opel. O meglio, a Berlino c’è interesse che la matassa della casa automobilistica che fa parte della galassia General Motors resti ingarbugliata almeno per tutta l’estate, fino alle elezioni politiche. Quello che secondo le agenzie di stampa sarebbe dovuto essere l’ennesimo fine settimana decisivo per il futuro della Opel, si sta rivelando una nuova puntata della interminabile «soap opera brasiliana nell’anno delle elezioni», come l’ha definita tempo fa Sergio Marchionne, al centro della quale i media tedeschi hanno rimesso la Fiat. Citando ambienti vicini al Lingotto, ieri il sito della Die Welt rilanciava l’interesse torinese per la Opel: «Se le trattative con Magna e il fondo Rhj dovessero fallire, il gioco è ancora aperto». Che la prospettiva di finire nel carniere dell’austriaca Magna (e soprattutto dei soci russi) cominci a non piacere più a Berlino e dintorni è un dato di fatto. Tra l’altro, la stessa Magna ha appena archiviato un secondo trimestre con perdite per oltre 200 milioni. L’altro concorrente, il portage Rhj, ha invece migliorato la sua offerta riducendo di 200 milioni, a 3,6 miliardi, le garanzie pubbliche richieste. E la Fiat? Secondo Die Welt sarebbe pronta a rientrare in gioco con una nuova offerta.
Mettiamo, a questo punto, che l’amministratore delegato Marchionne sia convocato a Berlino per la ripresa delle trattative. Un’azione del genere, secondo noi, non dovrebbe passare inosservata. Come giustificherebbero, infatti, governo tedesco, governatori dei Länder, il leader del sindacato Ig Metall all’interno della Opel, Klaus Franz, un passo indietro del genere? Non dimentichiamo, in proposito, le pesanti critiche mosse nei confronti della Fiat («è un colosso fortemente indebitato», si leggeva sul settimanale Die Zeit) e dello stesso Marchionne («un truffatore di matrimoni», per il Financial Times Deutschland, che «si trova davanti a un muro di sospetti e rifiuti», puntualizzava sempre Die Zeit). Tanta retorica e altrettanti pregiudizi («Marchionne non credibile perché italiano?», un altro titolo a effetto che ha animato il dibattito in quei giorni molto caldi).
E con quali argomenti il governatore dell’Assia, Roland Koch, nemico numero uno di Marchionne, si siederebbe nuovamente al tavolo con la delegazione italiana dopo aver ripetuto alla noia che «il piano Fiat per Opel ha deluso, e l’offerta italiana è molto lontana da quella sperata»?. Dalla Renania-Palatinato, invece, Kurt Beck aveva aumentato di 2mila unità (da 10mila a 12mila) gli esuberi previsti da Torino, sottolineando anche che i tagli avrebbero impattato duramente sui lavoratori tedeschi (il piano Fiat sosteneva invece che i tagli avrebbero riguardato tutta l’Europa). E Franz, capo delle tute blu della Opel, sarebbe pronto a rimangiarsi l’affermazione secondo cui Marchionne «vuole creare una casa automobilistica globale con i soldi dei contribuenti tedeschi»?
A questo punto, nel caso la Fiat tornasse realmente a interessarsi della casa tedesca (Marchionne, in occasione dell’ultima trimestrale, aveva comunque definito chiusa la pratica) si assisterà sicuramente a non poche acrobazie. C’è da chiedersi, infine, che cosa sarebbe successo se una telenovela del genere avesse avuto come protagonista il nostro Paese. Sicuramente saremmo diventati gli zimbelli e le prese in giro sulla stampa internazionale non si sarebbero contate.
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