Il piano dell’Unione per la casa: colpire i proprietari

Abbassare l’Ici rivalutando gli estimi catastali significa aggredire con una tassazione ancora più pesante chi ha beni visibili. Anche se ha redditi bassi

Nel programma dell'Unione, due delle 281 pagine di cui esso si compone sono dedicate al «problema casa»: si parla di una «rivisitazione» della legge 431 sulle locazioni, ma senza chiarire in che senso la «rivisitazione» in questione dovrebbe avvenire; e pure si parla di «rivisitazione» delle «detrazioni fiscali», facendo questa volta presente che si intenderebbe incrementare «la detassazione degli affitti a canone concordato» (dizione che fa sì che non si capisca a quali contratti esattamente ci si intenda riferire, ben noto essendo che la legge non usa questa terminologia ma quella di contratti agevolati, transitori e per universitari).
Quelle pagine del programma del centrosinistra terminano poi con questa frase: «Per riequilibrare a favore dei cittadini meno abbienti la contribuzione fiscale sulla casa, riteniamo opportuna anche la revisione delle zone censuarie e degli estimi catastali». Interpretata alla luce di una dichiarazione di Prodi all'Adnkronos del 17 febbraio («Credo che l'Ici possa essere abbassata in contemporanea a una revisione degli estimi catastali»), il disegno del centrosinistra appare essere quello di invitare i Comuni (perché loro è la competenza) ad abbassare le aliquote, o di abbassare per legge dello Stato l'aliquota ordinaria massima (7 per mille) oggi applicabile dai Comuni stessi, peraltro innalzando gli estimi, e cioè la base imponibile. Così la proposta dell'Unione è stata capita anche da osservatori attenti (Roberto Petrini, la Repubblica del 20 febbraio scorso). Ma è certo che essa dovrebbe essere meglio ancora - e ufficialmente - chiarita, senza equivoci e giri di parole, in punto aliquote Ici e in punto estimi (allo Stato, sembra proprio aprire la strada, per la proprietà edilizia, ad uno scenario peggiore dell'attuale perché l'aggravio - certo - degli estimi sarebbe sempre più pesante dell'abbassamento - eventuale - delle aliquote).
Presupposto dell'impostazione di Prodi (sulla base del predetto lancio di agenzia) è che «abbiamo un'Ici molto elevata, pesantissima, ed estimi catastali non credibili». E su questa impostazione il leader del centrosinistra è stato seguito persino da Tremonti che - a Perugia (Ansa del 21 febbraio) - ha testualmente detto: il programma di Prodi «allinea le rendite catastali ai valori reali. I secondi sono cresciuti moltissimo, mentre le tasse si pagano su quelli catastali, rimasti abbastanza invariati».
Che gli estimi catastali siano poi così irreali, non è comunque vero (anzi: se si fa eccezione per certe zone di pregio di Roma - ma l'ottica dei politici finisce sempre lì - gli estimi corrispondono, in molte zone, al vero). Tant'è che Tremonti stesso, su stimolo dei notai (in funzione si sa bene di che), ha fatto proprio il riferimento catastale - con i noti moltiplicatori - per le compravendite: non l'avrebbe di certo fatto, se avesse pensato di poter perdere introiti fiscali considerevoli.
Ma il problema, comunque, non è questo. E va ricordato alto e forte a Prodi e a Tremonti, così come 16 organizzazioni dell'immobiliare - Confedilizia in testa - hanno fatto in questi giorni, rivolgendosi a tutte le forze politiche. Il problema vero è infatti che gli estimi attuali - alti o meno alti che siano - sono comunque ingiusti e penalizzanti perché sono estimi a valore, salvati dalla Corte Costituzionale solo in via provvisoria (un provvisorio che dura - però - da 15 anni!). E nessuno, ancora, ha spiegato perché condòmini e proprietari di casa debbano - solo loro fra tutti gli italiani - pagare le imposte commisurate al valore dei loro beni, anziché al reddito degli stessi (come vuole il costituzionale principio della capacità contributiva).
È inutile girarci intorno. È a questo che le forze politiche devono rispondere: vogliono, per le case, tornare alla tassazione reddituale, o vogliono mantenere l'attuale tassazione patrimoniale (e, quindi, di per sé espropriativa)? La risposta che la proprietà edilizia si attende è questa, e basta. Le altre, sono chiacchiere.


Chiacchiere che - se non si risponde, appunto, all'interrogativo posto - rivelano apertamente un disegno, pur inconfessato: quello di aggredire con una tassazione ancora più pesante i beni visibili, nella perdurante incapacità di colpire i redditi dove essi effettivamente albergano e - altresì - nella pervicace volontà discriminatrice di mantenere, anche nell'immobiliare (fondi immobiliari) come - ad esempio - nel settore bancario (casse rurali), pesanti (e potenti) aree di privilegio. Solo in questa logica ha un senso la tassazione patrimoniale della proprietà edilizia.
*presidente Confedilizia

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