Pier Paolo Pasolini, grande artista senza grandi opere

di Dario Bellezza
Io, non è che sia poi per niente un agiografo di Pasolini, e anzi sono stato anche accusato di aver detto e scritto delle cose che non facevano onore a Pasolini e di essermi comportato dunque da «vipera» diciamo, tra virgolette. Perché mi hanno accusato di questo? Perché io credo che Pasolini va preso in blocco, tutto quanto, o va preso o va buttato via come scrittore, come artista. E credo anche, questo sembrerà paradossale, che nonostante sia un artista di grande valore, non abbia mai dato niente di totalmente significativo per la nostra epoca: Pasolini va preso in blocco, quello che ha fatto è straordinario, però non ha fatto la Divina commedia, non c’è un’opera che veramente ci parli ancora, ci spieghi il presente, ce lo racconti, ce lo dica, ci faccia capire, ci illumini. Forse perché era un po’ cieco anche lui, come ha detto Fortini. Fortini ha scritto un epigramma su Pasolini che finiva con «ma vattene perfetto e cieco». Ecco, io direi che lui era perfetto e nello stesso tempo era cieco, perché non andava, diciamo così, al di là della nevrosi che lo consumava, che lo divorava. \
Io penso che l’attualità sia nel prendere le distanze dalla realtà stessa e dall’attualità, e non consumarsi dietro all’attualità, però poi il temperamento dello scrittore è quello che è e Pasolini aveva un temperamento di una disperata vitalità, voleva bruciare tutto con il suo tempo, attraverso il suo tempo, perché questa era la sua dannazione, se l’era scelta. Era uno di quegli artisti, sembrerà strano perché lui li detestava, e sono temperamenti completamente diversi, però vicino a, se vogliamo risalire indietro, vicino a Papini, a Malaparte o ancora a D’Annunzio per altri versi. Per Malaparte c’è stata proprio la polemica con il suo tempo, Maledetti toscani. L’invettiva, gli Scritti corsari sono un battibecco malapartiano rivisitato da un uomo forse più intelligente, più poeta di Malaparte, com’era Pasolini, però hanno quella figura del letterato che vuole intervenire nel suo tempo. E questo intervenire danneggia, secondo me, la sua poesia. \
Però \, parlando dell’ultimo periodo di Pasolini - che forse è il più complesso e quello che ha dato dal punto di vista letterario quasi niente, perché Pasolini come scrittore veramente straordinario finisce nel ’60-61 -, il momento del cinema, il cinema, forse Pasolini lo ha affrontato perché si sentiva esaurito come scrittore, pensava di non aver più niente da dire, aveva esaurito il mondo delle borgate, aveva esaurito un certo tipo di poesia civile, e allora lui si è buttato nel cinema perché era un uomo che voleva rinnovarsi, però questo cinema lo ha assorbito completamente. Se noi guardiamo quello che ha scritto subito dopo, vediamo che quasi tutto, quasi tutta la sua produzione è una produzione polemica, non prende mai una forma conclusa.

Anche alla fine della sua vita cercava di scrivere un romanzo, lui diceva di duemila pagine, però è rimasto un abbozzo e in ogni caso quelli che lo hanno letto hanno detto che lui voleva emulare I demoni di Dostoevskji, ma è rimasto un abbozzo e si capisce che è un romanzo abortito, fallito, anche perché lui non aveva una capacità realistica. \

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica