Cultura e Spettacoli

PIET MONDRIAN Liberarsi del superfluo

L’esposizione al «Santa Giulia» ripercorre, con 80 opere, tutto l’iter creativo dell’artista

«C’è ancora troppo da togliere in questo quadro». Così sentenziava Piet Mondrian il 1 febbraio 1944 di fronte alla sua ultima opera, pochi giorni prima di morire. Togliere, per arrivare all’essenza ultima delle cose, a quella Bellezza che aveva cercato e trovato nelle più essenziali forme astratte. Righe e linee, quadrati e rettangoli, di colori puri e semplici, bianco, rosso, blu, nero e giallo. E, come Michelangelo, che creava nel marmo scavando e togliendo materia, anche Mondrian cercava la sua pittura nella realtà profonda, eliminando tutto il superfluo di natura. Per lui non si trattava di astrattismo, ma di realismo.
A questo grande maestro olandese è dedicata un’importante mostra a Brescia, nel Museo di Santa Giulia, la prima completa in Italia dopo quella ormai lontana del 1956. Allora, alla Galleria nazionale di Roma, era stata organizzata la prima retrospettiva dell’artista in Italia, che aveva suscitato un certo clamore tra i critici, alcuni sfavorevoli, altri, come Venturi, Arcangeli e Argan, estimatori convinti.
La bella esposizione bresciana ha il merito di offrire al visitatore tutte le tappe dell’artista, cominciando da quelle figurative, che costituiscono una vera sorpresa. Gli ottanta dipinti infatti, che ne ripercorrono tutto l’iter, arrivano in gran parte dal Gemeentemuseum dell’Aia, che ospita la più ricca raccolta di opere. È così possibile seguire tutti i passaggi dell’«evoluzione» di Mondrian, termine usato dal pittore stesso per indicare il suo progressivo liberarsi, cioè «distruggere» gli elementi figurativi o le varie soluzioni adottate, per arrivare all’estrema sintesi.
Ma ogni fase di Mondrian è affascinante. A cominciare dalla prima, quando poco più che ventenne, negli anni Novanta dell’Ottocento, dipinge i primi paesaggi nel solco della tradizione naturalista olandese. La chiesa del villaggio - un gouache su carta del 1898-1899 - con quella chiesa nordica, gli intricati rami degli alberi, le tonalità plumbee, fa pensare immediatamente a quelli del Brabante di Van Gogh. Stessa atmosfera, stesso spirito. Case, boschi, crisantemi di quegli anni sono fatti di linee sottili, lunghe e nervose, senza nessuna concessione al superfluo e al decorativo.
«Mi piaceva dipingere fiori, ma non bouquet; invece un fiore alla volta, per esprimere meglio la forma plastica», scriveva Mondrian nel 1941 in Verso la visione vera della realtà. Insomma, non mazzi di fiori belli a vedersi, ma un fiore solo che corrispondesse all’armonia interna della sua forma, come la concepiva l’artista.
Ai primi del Novecento paesaggi e fiori, crisantemi e girasoli, diventano agglomerati e fusioni di colore e luce, in cui ad avere valore è soprattutto la linea di contorno. E, nel 1909-1910, sotto l’influenza francese, assumono veste postimpressionista o fauve, costruiti con piccole tessere o filamenti di colore. Esempi, il Faro a Westkapelle in marrone e in rosa. La svolta fondamentale avviene a Parigi nel 1912, quando Mondrian incontra il cubismo. La via all’astrazione è segnata, anche se per lui non sarà quella di Picasso o Braque, ma una semplice geometrizzazione delle forme. Emblematici Il grande nudo o il Paesaggio fatti di forme cubiste appiattite, lo spazio affidato solo a linea e colore.
Dal 1914 al 1919 la ricerca di Mondrian si avvia verso un sempre maggiore astrattismo. Spuntano quadrati e rettangoli di grande bellezza, disegnati con linee scure e riempiti di colori pastello. «Ho costruito complessi di linee e colori su una superficie piana per esprimere plasticamente la bellezza universale, nel modo più consapevole possibile. La Natura (il visibile) mi ispira e suscita in me quell’emozione che porta alla creazione, non diversamente da qualsiasi altro pittore, ma io voglio avvicinarmi il più possibile alla verità».
Per questo sottopone i suoi soggetti a procedimenti d’astrazione fino a raggiungere l’essenziale delle cose, come spiegava nel 1914 in una lettera all’editore H. P. Bremmer. E di queste strabilianti astrazioni la mostra ne presenta molte.
Buono e ricco il catalogo (lineadombralibri), con i saggi dei curatori (Marco Goldin e Fred Leeman), belle riproduzioni e una dettagliata biografia dell’artista.
mtazartes@tiscali.it
LA MOSTRA
Mondrian.

Brescia, Museo di Santa Giulia, fino al 25 marzo.

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