Con quel nome, quella biondezza da cover girl e quello stile impudentemente trendy, non ci si aspetterebbe da Pink se non unonesta carriera da effimera divetta del pop teenageriale: di quelle che durano un paio di album e poi sprofondano nelloblio. Invece la pimpante cantantessa americana si cimenta in un fervoroso bric à brac di tematiche scomode e analisi storico-sociologiche, cui va accordata nobiltà dintenzioni purché si riservi adeguata indulgenza alla modestia dei risultati. Stupid girls ad esempio è un ritrattino pepato dello show business, con le sue rutilanti futilità che Pink ben conosce, avendovi fruttuosamente contribuito. Più oltre si parla di Bush e della sua contestata presidenza, per denunciare il potere di certi leader così lontani dalle attese della gente comune. Né manca unevocazione della guerra del Vietnam - mònito su analoghi conflitti in corso -, dovuta alla penna del padre di Pink che a quella devastante vicenda partecipò.
Nobili intenzioni, sè detto: che avrebbero richiesto ben altra cifra stilistica. Qui invece tiene banco un pop leggerino, orecchiabile, pimpante, fatto più per aggiudicarsi lhit parade che per fustigare le coscienze.Pink Im not dead (Sony-Bmg)
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