«Penso che le parole del ministro siano state male interpretate nello spirito e inserite in un ragionamento decisamente più ampio.
Non stava denigrando i giovani e non stava nemmeno sminuendo i lavori in agricoltura». Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, prende le difese del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, particolarmente contestato in questi giorni per le sue dichiarazioni sul reddito di cittadinanza.
Mi conceda il gioco di parole, ma il reddito di cittadinanza ha rubato braccia all’agricoltura?
«Credo che il reddito di cittadinanza, se usato per le persone che realmente si trovano in una situazione di disagio o che non possono lavorare, debba essere difeso. Un meccanismo, invece, di distribuzione di soldi pubblici a persone abili a lavoro, ritengo che sia un errore, uno sbaglio. Negli anni passati, una delle difficoltà nel reperire manodopera era che si doveva pagare in nero il lavoratore che non voleva perdere il diritto al reddito di cittadinanza.
Oppure c’era anche chi preferiva restare a casa sul divano piuttosto che andare a lavorare.
Questa è una contraddizione rispetto a un Paese che ha bisogno di manodopera».
Eppure molti sostengono che i braccianti siano sottopagati...
«A chi dice che la manodopera del settore agroalimentare è sottopagata faccio presente che tutti i contratti, attualmente in uso, sono sempre condivisi con i sindacati di rappresentanza. Ma non solo. Col ministro Calderone abbiamo aperto nuove opportunità per quanto riguarda i contratti a tempo determinato che saranno particolarmente innovative e che semplificheranno gli aspetti burocratici per le imprese e per i collaboratori».
Di quanta manodopera avete bisogno?
«Il comparto agricolo e agroalimentare necessitano di circa 100mila unità e, quindi, c’è uno spazio enorme».
È vero che gli italiani non vogliono più lavorare nei campi?
«Sotto questo punto di vista c’è stata anche una mancanza da parte nostra. Se, però, raccontiamo bene questo settore sono sicuro che può diventare un’opportunità per i giovani. Attualmente, infatti, per i contratti a tempo indeterminato prevalgono gli italiani, mentre per i contratti a tempo determinati ovviamente sono maggiori gli stranieri».
Quanto si può arrivare a guadagnare?
«Dipende molto dalle filiere e dal tipo di mansione che uno svolge. Si può andare dai 1300 euro sino ai 3-4mila euro al mese».
Attingendo alle persone che percepiscono il reddito di cittadinanza, riuscireste a soddisfare il fabbisogno di manodopera?
«No, quella può essere una parte, ma non è risolutiva rispetto alla richiesta di manodopera. Si arriva a coprire il fabbisogno mettendo insieme, dunque, tutta una serie di tasselli: una parte col decreto flussi, una parte utilizzando le persone disoccupate o cassintegrate, una parte di percettori di reddito di cittadinanza e una parte dei nostri giovani».
A proposito dei giovani, secondo lei, perché non scelgono di lavorare in agricoltura se lo stipendio si aggira dai 1300 euro ai 3-4mila euro?
«Secondo me, perché manca un sistema che trasmetta realmente le opportunità ai nostri giovani.
Bisogna farlo conoscere».
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