Sulla giacca di Yara ​il sangue della prof

L'insegnante di ginnastica è l'unica, oltre a Bossetti, ad aver lasciato tracce: "Da dove arrivano? Non lo so"

Sulla giacca di Yara  ​il sangue della prof

Milano - Credevamo che il caso di Yara Gambirasio - la tredicenne di Brembate Sopra (Bg) sparita da casa il 26 febbraio 2011 e trovata morta in un campo a dieci chilometri da casa esattamente tre mesi dopo - ci avesse abituato purtroppo a tutto. Stavolta però la notizia apparsa sul sito online del settimanale Oggi e riportata ieri con grande evidenza in apertura da Dagospia se vera in tutti i suoi meticolosi dettagli potrebbe veramente sconvolgere l'intero impianto accusatorio che punta esclusivamente su Massimo Bossetti - mostro perfetto. Ovvero, come avevano detto i Ris «con un Dna (quello scoperto sugli slip di Yara, ndr ) dal profilo completo e senza margine di errore».

In sostanza non è bastata la donna bergamasca che ha fatto mettere a verbale di aver visto Bossetti con la «bambina» in più occasioni in una macchina posteggiata a Brembate Sopra a partire dal settembre 2010. Ed evidentemente non è bastato lo scivolone - clamoroso per tutti noi, ma devastante per i genitori di Yara - sul video del furgone del muratore quarantenne che qualche giorno fa Libero ha spiegato per primo essere stato diffuso apposta dai Ris e dalla Procura «a fronte di pressanti e numerose richieste di chiarimenti della circostanza emersa». Dopo tutto questo ora si scopre che sulla giacca della tredicenne di Brembate ci sono addirittura delle macchie di sangue. E secondo www.oggi.it appartengono a Silvia Brena, una delle insegnanti di ginnastica artistica di Yara.

Precisiamo. Si è sempre saputo che Silvia Brena, ora venticinquenne, era l'unica persona - oltre a Massimo Bossetti - ad aver lasciato il suo Dna su un indumento di Yara, precisamente sulla manica del giaccone. E infatti, sia lei che il fratello, che quel giorno si erano scambiati degli sms, erano stati intercettati, ma poi esclusi dal caso perché le loro testimonianze e gli spostamenti fatti «erano stati verificati» avevano chiarito i carabinieri. Quel che non si sapeva era che la macchia da cui si era giunti al Dna dell'istruttrice fosse di sangue.

Tutte le testimonianze sul giorno della scomparsa della ragazzina dicono che quando era entrata in palestra Yara non aveva la giacca, ma la Brena in tribunale ha sempre ripetuto di non ricordare di averle parlato e di essere andata in un altro piano a fare degli esercizi. Allora quel Dna da dove arriva? «Non lo so - ha dichiarato incessantemente la Brena davanti agli inquirenti e durante la sua testimonianza in tribunale - di quel giorno non ricordo niente».

«Non è saliva o altro materiale biologico perché risulta positiva al sangue» sempre secondo Oggi , avrebbe spiegato incalzato dalle domande dei difensori di Bossetti, il capitano Nicola Staiti, uno degli ufficiali del Ris di Parma che ha firmato la relazione su tutte le attività di indagine scientifica. E avendo resistito a tre mesi d'intemperie, alla neve e alla pioggia, si conclude che non possa trattarsi che di una traccia lasciata nelle ultime ore di vita di Yara. «Aveva un profilo complesso - ha aggiunto, sempre parlando della macchia l'ufficiale dei Ris ai legali della difesa -. L'abbiamo trovata perché sul polsino del giaccone c'erano aloni scuri. Così abbiamo scoperto che si trattava di una traccia genetica. Era il Dna della Brena».

Ma può essere una traccia lasciata per contatto?, ha chiesto l'avvocato Claudio Salvagni. «Lo escluderei», ha risposto l'ufficiale, «È qualcosa di più corposo».

Non sarebbe il caso che qualcuno ora aiuti Silvia Brena a sforzarsi al massimo per ricordare?

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