Archiviata l'accusa per l'ex Pdl Sisler «Dimissioni, gogna e anni di calvario»

Non è mai stato rinviato a giudizio, ma nel frattempo si è dimesso dai suoi incarichi politici, e ora che l'indagine che lo aveva coinvolto è stata archiviata, pur rivendicando con orgoglio la sua scelta, preannuncia azioni nei confronti di «chi mi ha calunniato». Era il settembre del 2012 quando Sandro Sisler, all'epoca coordinatore provinciale del Popolo delle Libertà di Milano, venne iscritto nel registro degli indagati per il reato di corruzione, nell'ambito di un'inchiesta per tangenti coordinata dal pm della procura di Monza Donata Costa. Meno di un mese dopo, il 19 ottobre 2012, Sisler riceveva l'informazione di garanzia, mentre carabinieri e Guardia di Finanza effettuavano una serie di perquisizioni a casa sua e nei vari uffici: quelli dell'Aler della provincia di Monza e della Brianza, di cui Sisler era presidente, della società Lombardia Informatica, dove lavorava come dirigente (l'unico ruolo, questo, che ha conservato), e del suo ufficio nella sede del Pdl di Milano. Il fascicolo riguardava presunti fatti avvenuti nel 2008, quando Sisler ricopriva la carica di assessore all'Urbanistica nel comune di Carate Brianza. Un sistema di tangenti, era l'ipotesi degli investigatori, con variazioni e modifiche sospette al piano generale del territorio di quel comune per favorire interessi privati. In alcuni interrogatori un responsabile della commissione edilizia, Maurizio Altobelli, arrestato nel mese di luglio 2012, lo chiamava esplicitamente in causa. Quando Altobelli patteggiò, le carte di quell'udienza finirono pubblicate sui giornali, compresa l'informazione di garanzia nei confronti di Sisler, fino ad allora segretata. «Il mio nome non era stato cancellato bene», spiega il diretto interessato. Che, ieri come oggi, si definisce «fedelissimo di Ignazio La Russa». Sisler non è mai stato rinviato a giudizio - «il socio di Altobelli smentì le sue dichiarazioni su di me», sottolinea - e giovedì scorso il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione depositata a maggio dalla stessa pm Costa, titolare delle indagini. «La notizia l'ho ricevuta oggi», spiega lui, che aggiunge che «all'epoca ritenevo comunque opportuno dimettermi, seppure in presenza di un'accusa che sapevo essere non vera, perché era infamante e quindi era giusto attendere l'esito delle indagini. Io resto fiducioso nella giustizia». Certo, ammette che quanto accaduto lo ha «danneggiato politicamente», ma proprio per la scelta di allora rivendica che oggi si sente «legittimato a rientrare a pieno titolo in politica, sempre con Fratelli d'Italia».

E sulle notizie uscite su di lui - «paginate su edizioni nazionali», fa notare - anticipa di valutare querele e denunce per calunnia: «Lo faccio anche perché mi sembra giusto nei confronti di chi si dovesse trovare in futuro nella stessa situazione che ho vissuto io».

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