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Assange in gabbia: skateboard e paranoie

L'hacker era ossessionato dalla privacy, riceveva visite vip e amava il vino rosso

Assange in gabbia: skateboard e paranoie

Spiato come nemmeno al Grande Fratello. Telecamere, registrazioni audio e video. Julian Assang, l'hacker più temuto dai potenti di tutto il mondo, non era mai veramente solo. Qualcuno lo osservava sempre. C'è chi dice anche in tempo reale da Quito. L'ospite più scomodo di sempre, era entrato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra sette anni fa. Da allora la sua presenza si è fatta sempre più ingombrante e tutto sembrava potesse andare avanti all'infinito, fino a giovedì scorso, quando con un blitz, la polizia britannica è entrata nel palazzo, con il permesso dell'ambasciatore, e lo hanno letteralmente trascinato fuori. Sul territorio inglese. Arrestato con l'accusa di aver violato le condizioni della libertà provvisoria, mentre gli Usa vogliono processarlo per «pirateria informatica». E oggi sono in molti a volere la sua testa.

In questi anni non è riuscito a farsi molti amici, ha fatto sapere di detestare le femministe, di aver maltrattato gli animali e di non essere particolarmente preoccupato per la sua igiene personale. Oggi il suo destino è fosco almeno quanto il suo profilo, e il suo avvocato, per sicurezza, ha già parlato con toni concilianti: «collaborerà con le autorità svedesi, se riapriranno il caso per accuse di stupro nei suoi confronti, ma continuerà a opporsi ai tentativi di estradarlo negli Stati Uniti». Intanto El Pais ha snocciolato la vita quotidiana del re delle talpe quando era chiuso in ambasciata. Documentata in ogni istante dalle decine di telecamere fatte installare per vigilare sulla sua sicurezza. Ed ecco le immagini di una vita difficile da sopportare nella monotonia quotidiana. L'eroe della trasparenza contro i poteri forti, immortalato nella sua stanzetta, la canottiera blu e i pantaloncini, senza scarpe, il fisico ormai che si è arreso all'età, che combatte la noia con uno skateboard. Come un adolescente in castigo. E c'è la sua collaboratrice accanto, a fargli compagnia, la faccia annoiata e perplessa. Immagini che arrivano direttamente dal gruppo Uc Global, un'impresa di difesa e sicurezza privata di Cadiz, in Spagna. Dopo il suo arrivo l'ambasciata si era riempita di telecamere, raccontano dall'Ecuador. Un'operazione per proteggere e vigilare Assange che era costata cinque milioni di dollari. Eppure Assange era in costante ricerca di privacy. Lo dimostrano le immagini, si alza tardi per lavorare ai suoi pc e va a letto ben dopo l'alba. Lo fa principalmente per non incontrare il personale dell'ambasciata. Angosciato dalla fuga di notizie, quando parla al telefono, fa scorrere fiumi d'acqua. E quando si rompe il bagno, mandano a chiamare un idraulico che arriva direttamente dalla Spagna, da Valencia. Uno fidato che non avesse contatti trasversali con i servizi segreti. Un conto salato, 4mila euro.

Soffre di problemi fisici, con il passare degli anni fa fatica a camminare e accusa problemi alla vista perchè da troppo tempo ormai non guarda lontano. I vigilantes poi raccontano che ormai, dopo così tanti anni Julian si sente come a casa. Rilascia interviste in mutande, solo una camicia, la parte inquadrata dalle telecamere. E riceve centinaia di visite. Da Lady Gaga a Yoko Ono a Vivienne Westwood che spesso gli porta il pranzo. Il suo piatto preferito, carne e vino rosso. Ma come sempre succede quando si parla di Assange, ogni evento che lo riguarda si infittisce di mistero.

Il giorno prima dell'arresto, WikiLeaks, denuncia una vasta operazione di spionaggio ai suoi danni e sostiene che l'operazione è stata condotta al fine di espellere ed estradare il giornalista australiano. È il giallo nella vita di Julian.

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