La Grecia boccia l'Europa e i suoi piani di salvataggio. L'esito del referendum non lascia dubbi: il «no» all'accordo sul pagamento dei debiti ha superato quota 60 per cento, mentre il «sì» non raggiunge il 40. Nelle piazze di Atene esplode il tripudio, i greci festeggiano e credono sia una vittoria senza precedenti. Il portavoce del governo ha subito fatto sapere che la Grecia «farà tutti gli sforzi possibili per arrivare presto a un accordo, anche nelle prossime 48 ore». L'atmosfera sembra quella di una finale mondiale vinta al novantesimo minuto. Lo stesso premier Tsipras, dopo aver votato in mattinata, ha fatto un roboante annuncio dando per scontata la vittoria dei «no». «Da domani apriamo la strada per tutti i popoli d'Europa – ha detto il capo del governo di sinistra greco -. Oggi la democrazia batte la paura». In serata, a risultato acquisito, ha annunciato l'immediato ritorno della Grecia al tavolo negoziale, al quale «si dovrà anche affrontare la questione del debito».
Che questo voto rivoluzionerà i rapporti in seno all'Unione europea è troppo presto per dirlo, anche se bisogna ammettere che i greci hanno assestato un bel calcio a Bruxelles e, anche se non dovessero esserci traumi evidenti, ne hanno quantomeno incrinato l'immagine. Questa Europa non piace e la crescita e le recenti vittorie elettorali di molti partiti antieuropeisti, dalla Spagna alla Polonia, dall'Ungheria alla Francia, ne sono la dimostrazione. Ma a Bruxelles sono convinti, come lo erano anche prima del referendum, che per Tsipras sarà una vittoria di Pirro. La Germania non intende cedere un millimetro e la cancelliera Angela Merkel non smette di ripeterlo: «Tsipras manda il Paese a schiantarsi contro il muro a occhi aperti». D'altronde Atene ha circa 240 miliardi di debiti e non può davvero pensare di dettare le regole ai suoi creditori, per quanto questi possano essere poco amabili. Se il premier greco vuole riaprire le banche e rimettere in circolo un briciolo di liquidità dovrà cercare un accordo con i creditori, un accordo che non sarà molto diverso da quello già prospettato. Anche perché l'alternativa sarebbe il default , un fantasma che mette paura all'Europa e alla stabilità della sua moneta, ma che farà molti più danni alla Grecia, la quale difficilmente riuscirà a rimettersi in piedi nonostante l'entusiasmo scatenato dal referendum. Più intransingente della Merkel è oggi il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, che nel corso di tutte le trattative con i greci non ha lesinato pesanti critiche a Tsipras e al suo ministro delle Finanze Yannis Varoufakis.
Il voto greco spingerà Berlino a rivedere almeno in parte la sua posizione? Be', qualcosa dovranno concedere, ma si tratterà di qualche «zero virgola» anche perché non potrà riproporre lo stesso piano di salvataggio ad Atene. Le premesse, però, non paiono incoraggianti. Schäuble sembra allergico alle politiche economiche del sud Europa e a quella greca in particolare. A dimostrarlo, se non bastassero le sue recenti prese di posizione, c'è il racconto dell'ex segretario al tesoro Usa, Timothy Geithner, il quale nel suo ultimo libro «Stress test: Reflections on Financial Crises», rivela che il ministro tedesco gli disse che «cacciare i greci dall'Eurozona era una strategia plausibile, perfino desiderabile». L'ex segretario al Tesoro Usa scrive che l'idea di Schäuble era che «con la Grecia fuori dall'euro, la Germania sarebbe stata più disponibile a fornire il sostegno finanziario di cui l'eurozona ha bisogno». Ma non solo. L'uscita della Grecia dall'euro «sarebbe stata sufficientemente traumatica da spaventare il resto d'Europa, spingendola verso un forte sistema bancario e un'unione fiscale». Quindi, secondo Geithner, la Germania perseguiva e persegue la strategia della paura, mettendo in secondo piano gli interessi politici dell'Europa.
Finirà davvero così? In Europa il fronte anti greco non è poi così unito, anche perché la politica del rigore tedesca piace solo al Nord. La stessa Francia ha scelto di smarcarsi in qualche modo, invitando i governi europei a non punire la Grecia e a riprendere i negoziati. Il presidente François Hollande con ogni probabilità lo ribadirà questa sera a Parigi, quando incontrerà la Merkel per una cena di lavoro all'Eliseo.
La cancelliera è consapevole che a tirare troppo la corda potrebbe perdere preziosi alleati e ha fatto sapere che a Parigi «l'intento è trovare un valutazione comune della situazione dopo il referendum».di Riccardo Pelliccetti
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