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La Azzolina sta con gli studenti. "Le scuole devono riaprire"

Lezione-protesta dei ragazzi davanti a Montecitorio. "Adesso vi spieghiamo noi quello che serve davvero"

La Azzolina sta con gli studenti. "Le scuole devono riaprire"

C'è chi rimpiange persino «il tempo trascorso sui mezzi pubblici» per andare a scuola e «l'ingresso dei prof in classe». Il Covid ha stravolto le vite dei ragazzi. Li ha rinchiusi ancora una volta nella solitudine della loro camera, costretti ad abitare un tempo sospeso nell'età in cui il tempo viaggia in accelerata costante. Per uno studente su due, «è un incubo», come ha rilevato Skuola.net. Lo sa bene anche il ministro Azzolina, che ieri in una lettere pubblicata da La Stampa, indirizzata agli studenti, non fa troppi giri di parole: «Non dovete essere voi a pagare il prezzo più alto di questa emergenza. È a voi studenti che il Paese deve dare, ora la massima priorità. Lasciarvi a casa sarebbe una sconfitta per tutta la comunità» prosegue il ministro. «Se alla vostra età mi avessero detto Lucia, da domani non si va più a scuola, si studia da casa, l'avrei presa male. Probabilmente anche io avrei scritto al Ministro dell'Istruzione. E per questo sento il dovere di rispondervi direttamente». La Azzolina ricorda l'incontro con il Comitato tecnico scientifico e, dice, «non posso che condividere le parole che mi sono sentita ripetere: Le scuole sono un ambiente controllato, ci sono regole severe che vengono rispettate con attenzione anche grazie agli studenti. Le scuole devono stare aperte». Le conseguenze di una chiusura prolungata infatti «rischia di impattare negativamente e a lungo termine sulla formazione, sulla capacità di apprendimento, sui livelli di istruzione. Sull'emotività dei ragazzi». In ballo c'è un futuro «che cammina sulle vostre gambe» e che «si costruisce a scuola». Il ministro ha ribadito di essere al lavoro «per riaprire il prima possibile tutte le scuole che hanno avviato la didattica digitale» ma anche «perché non ne chiudano altre in queste settimane».

Un impegno ripetuto anche nel pomeriggio all'incontro con i rappresentanti del Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola. Con loro ha parlato anche di trasporti, uno dei nodi che ha condizionato la chiusura delle scuole in questa seconda fase di emergenza. «Gli uffici scolastici regionali si sono messi a disposizione degli enti locali e delle Regioni per individuare fasce orarie più consone per i ragazzi delle scuole superiori». Se infatti le scuole hanno fatto un lavoro immane per riportare all'inizio di quest'anno gli studenti dietro ai banchi, con turnazioni di classe, scaglionamenti di orario e banchi distanziati, quel che ha giocato contro, è stato tutto il prima e il dopo il suono della campanella.

Intanto i ragazzi di medie e superiori non abbassano la guardia. Ieri la Rete degli Studenti Medi, sostenuti dal movimento Priorità alla Scuola, hanno allestito una lezione speciale davanti a Montecitorio. Distanziati e mascherati con i volti dei politici, i ragazzi si sono messi in cattedra con l'eloquente striscione «Ora ve lo spieghiamo noi cosa serve alla scuola pubblica». «Sono anni che subiamo le conseguenze degli smantellamenti al sistema scolastico - hanno spiegato gli organizzatori - il virus però ha reso ancora più chiaro quanto la scuola pubblica abbia bisogno di un serio piano di investimenti». Non solo. Hanno scritto una lettera indirizzata al premier Conte. «In questo momento di eccezionale difficoltà per tutto il Paese, la nostra generazione sta pagando un prezzo altissimo. I mesi di didattica a distanza sono stati una ferita profonda in termini non solo di qualità della didattica, ma anche di socialità e di relazione», firmano Federico Allegretti, coordinatore nazionale della Rete degli studenti Medi e da Enrico Gulluni, coordinatore nazionale Unione degli universitari. «Il Covid-19 ha fatto emergere quelli che sono i limiti strutturali del nostro sistema d'istruzione e universitario. Se c'è qualcosa che possiamo e dobbiamo imparare dalla crisi in corso, è che non sarà possibile superarla come se niente fosse, tornando in maniera indolore alla normalità.

Perché quella normalità era in molti casi il problema».

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