La battaglia degli onorevoli per salvare due mesi di paga

Il voto segreto di oggi è l'ultima occasione per il partito dei peones: meglio le elezioni in maggio che in marzo

La battaglia degli onorevoli per salvare due mesi di paga

La parola che risuona con maggiore frequenza in Transatlantico nelle ore calde della disfida sul «Rosatellum» è «collegio sicuro». Si cercano certezze, ci si confronta sulle implicazioni del nuovo sistema, si consultano i colleghi più ferrati in termini di interpretazione delle norme elettorali, quelli da sempre appassionati del tecnicismo della ripartizione, si compulsa il pallottoliere per arrivare ad avere una mappa mentale del nuovo Parlamento.

Ci sono i deputati del Nord del Pd che temono il «bagno di sangue» nei loro collegi. Quelli di Forza Italia, soprattutto del Sud ma non solo, che adombrano lo spettro della «salvinizzazione» e non nascondono l'irritazione preventiva per eventuali candidati leghisti catapultati nei loro territori di riferimento. Al grido di hasta la poltrona siempre, insomma, ci si ritrova a ragionare sul proprio futuro politico e a pesare la reale possibilità di ciascuno di ottenere il sospirato rientro nella Camera (o nel Senato) dei desideri.

La sensazione diffusa è che la partita non sia ancora conclusa. La speranza di molti si appunta sulla votazione finale che avverrà con il voto segreto e dove, in sostanza, ci sarà un «liberi tutti». Perché al di là delle dichiarazioni di rito dei capigruppo è evidente che in quell'occasione saranno molti quelli che giocheranno una partita personale e faranno un calcolo basato sulla propria convenienza. «Hanno scelto di giocarsela ai rigori con la fiducia, così si moltiplicano i rischi, è evidente», spiega un parlamentare di centrodestra. E un altro azzarda: «Alla fine il club dei 26mila euro conterà eccome». Prego? «Nel Pd ci sono 148 deputati eletti con il premio di maggioranza che non rientreranno mai in Parlamento. In quasi tutti i partiti ci sono parlamentari che sanno che non verranno mai più ripresentati dai loro segretari che acquisiscono un potere pressoché assoluto. Perso per perso perché questi parlamentari così precari dovrebbero votare il Rosatellum che ci porterà con ogni probabilità a votare verso febbraio-marzo invece di farlo saltare e far rimanere il Consultellum con il quale si ritiene che si andrà alle urne a maggio? Sono due mensilità in più che di fatto, considerati tutti i rimborsi, sono sui 25-26mila euro». In questo scenario confuso, naturalmente, non ci sono certezze. Perché tra i parlamentari non è difficile trovare chi contesta questo vaticinio e la vede in maniera opposta. «Non hanno capito che se si vuole puntare a un fine legislatura ordinato e soprattutto non anticipato bisogna approvare il Rosatellum» argomenta un altro deputato, questa volta lombardo.

Naturalmente i più interessati sono i cosiddetti peones, ovvero i parlamentari meno noti che si sentono maggiormente in bilico e calcolano con attenzione benefici e indennità che rischiano di perdere. Tra questi, naturalmente, i deputati che fanno parte di piccoli gruppi oppure quelli alla ricerca di un chiaro domicilio politico dopo i molteplici cambi di lista avvenuti nella legislatura più trasformista della storia Repubblicana (526 cambi di gruppo). Ma i dubbi, oltre tra chi non ha un forte partito di riferimento, circolano anche tra coloro che rischiano di non essere candidati o tra quelli che saranno sì messi in lista ma in posizione tutt'altro che sicura e preferirebbero giocarsela con le preferenze.

Malpancisti e franchi tiratori, insomma, affilano le armi e concentrano le loro speranze su quello sporco, ultimo voto previsto con ogni probabilità per stasera o più probabilmente domani. La cartuccia finale di una legislatura a dir poco complicata.

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