«Caro Silvio, sul Mes non siamo d'accordo, ma mettiamo da parte le divergenze perché dobbiamo essere uniti nell'emergenza». È un Matteo Salvini pacato e conciliante quello che cerca il «chiarimento» con Berlusconi, favorevole al Fondo salva-Stati senza condizioni. E il leader di Forza Italia, pur rimanendo sulle sue posizioni, accetta di firmare la tregua. «Caro Matteo, non sono stato mal consigliato, come pensi. I documenti me li sono studiati e con la mia esperienza da imprenditore ti dico che questi soldi sarebbe un errore non prenderli».
Attorno alle 19 i due si sentono al telefono e poi Salvini chiama anche Giorgia Meloni, che sul Meccanismo europeo di stabilità è altrettanto critica. Toni tranquilli e si concorda che le divisioni vere sono nella maggioranza e i problemi del Paese in questo momento bisogna affrontarli insieme. Non pace fatta, perché la distanza resta e la Lega si prepara a votare no al Mes in parlamento, ma un rinvio della discussione, con l'impegno di sentirsi più spesso e non alimentare l' impressione di liti nel centrodestra. «E poi, Matteo, il Mes è solo una piccola parte degli aiuti che abbiamo chiesto all'Ue, c'è ben altro su cui dobbiamo impegnarci», dice il Cavaliere. «Per me, comunque, non esiste un Mes senza condizioni, vedrai. Però dobbiamo far fronte comune, anche perché le nostre regioni del nord sono sotto attacco», sottolinea il Capitano.
Ognuno rimane fermo sulla sua idea, ma si accantona la questione. Non vale una rottura della coalizione. Anche perché, mentre Giuseppe Conte è in crisi, tra grillini, dem e renziani che lo tirano da parti opposte, nessuno vuole che si creino fibrillazioni troppo forti nel centrodestra. Dando l'impressione che Lega e Fratelli d'Italia temano da Forza Italia un accordo trasversale, magari un sostegno al governo.
In mattinata Salvini preannuncia la telefonata al leader azzurro, dicendo che per lui è «stato mal consigliato» e aggiungendo: «Penso che sia un errore accodarsi supinamente alle dichiarazioni di Prodi, di Renzi, di Zingaretti». Per il segretario leghista l'attivazione del Meccanismo europeo di stabilità porterà a «una patrimoniale, una tassazione sui risparmi, sulla casa, una precarizzazione del lavoro e ulteriori tagli alla sanità pubblica». L'opposto di quello che ripetono da giorni il Cavaliere e il suo vice Antonio Tajani.
Mentre l'eurodeputato Berlusconi vota da remoto i provvedimenti di Bruxelles anti-virus e fa gli auguri al neo presidente di Confindustria Bonomi, Salvini insiste sulla linea sovranista: «Preferisco che il futuro dell'Italia sia in mano agli italiani, non in mano a burocrati o esponenti del mondo della speculazione o della finanza dall'altra parte del mondo». Il Capitano avverte Conte che «chi va a Bruxelles senza il voto del parlamento è fuori legge», mentre se le Camere si pronunceranno a favore del Mes «è la democrazia». Fondamentale, però, un voto «prima e non dopo il negoziato con la Ue».
Anche la Meloni non crede che il prestito del Mes sia senza condizioni, teme la Troika e si chiede: «Che succede se non restituisco i soldi? Ci vengono a guardare i conti. Il famoso commissariamento dell'economia è possibile. Il fondo salva Stati è comunque un modo di stringere il cappio attorno al nostro collo».
Per gli azzurri il Mes è una grana per la maggioranza e Forza Italia rimane all'opposizione, alternativa a sinistra e M5s, mentre quella di Salvini e Meloni è una
battaglia ideologica, basata su pregiudizi, che certo non metterà in crisi la coalizione. «Non ne farei una guerra di religione - dice Tajani -. Questi soldi vanno presi e non importa se lo dice Renzi, Prodi o qualcun altro».
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