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Fisco, Bersani accusa gli italiani: "Si può dare torto ai tedeschi?"

Bersani va all'attacco: "È possibile che in Italia solo il 6% dei contribuenti dichiari più di 50mila euro". E poi vuole una riforma del Fisco: "Chi ha di più deve dare di più"

Fisco, Bersani accusa gli italiani: "Si può dare torto ai tedeschi?"

Non spiazza tanto la sua simpatia per la progressività fiscale. Pier Luigi Bersani non ha mai nascosto la sua contrarietà alla tassa piatta. Quella flat tax che è una ricetta applicata nel mondo da governi di centrodestra. Qui, i Chicago boys, non c’entrano. No. A destare preoccupazione, questa volta, è vedere e ascoltare qualcuno in tivù che preferisce la parola degli olandesi e dei tedeschi a quella degli italiani. Bersani non si fida dei suoi cittadini. Dei suoi imprenditori. Delle sue partite Iva. "Si può dare del tutto torto a olandesi e tedeschi?", si chiede. Ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita, l’ex segretario del Pd ci tiene a dar ragione al premier olandese, Mark Rutte.

Bersani attacca gli italiani evasori. Quelli brutti, sporchi e cattivi. Quelli che raggirano lo Stato con il loro lavoro nero. Gli stessi a cui il sudore della fronte toglie sonno e giorni felici. Ma che, nonostante tutto, vanno avanti. Quei lavoratori che magari non riescono a pagare le tasse semplicemente perché sono troppo alte. Perché a fine mese non ci arrivano neanche lavorando 7 giorni su 7. E non è una provocazione. Si stima che la pressione fiscale italiana, se comparata ai servizi pubblici erogati, sia semplicemente imbarazzante.

Nell’Italia dal record di risparmio (privato) e dal record del debito (pubblico) il suo ragionamento non funziona. Ma lui, che da anni fa politica, questo dato sembra semplicemente ignorarlo. Bersani, d’altronde, accarezza da sempre l’idea di una tassa patrimoniale, panacea della sinistra, con cui fare cassa nonostante l’emergenza coronavirus abbia messo in ginocchio l’economia e gli stessi cittadini.

Il presidente di Articolo 1 spiega così il suo ragionamento. "Io propongo da sempre che le imposte siano progressive perché il problema che abbiamo qui da noi in Italia, tanto per cominciare, è semplice: uno che ha prodotti finanziari per 10mila euro paga la stessa aliquota di chi ha 10 milioni di euro". Poi continua: "Ma è possibile che in Italia il 46% dei contribuenti dichiari meno di 15mila euro e che solo il 6% dei contribuenti dichiarano più di 50mila euro? Questi dati li leggono anche in Germania e in Olanda e ricavano una semplice conclusione: che gli italiani non vogliono tirar fuori i soldi che hanno".

Insomma, gli italiani sarebbero tutti dei ladri. Dei cialtroni. Degli arruffoni. Dei furbetti. Peccato che questo modo di pensare sia totalmente fuori luogo. Bersani è quello che da sempre si mostra favorevole a un reddito di cittadinanza. A un reddito di civiltà. Quello che la sinistra auspica da decenni. Quella parte politica per cui lo Stato "sia imprenditore e noi tutti dipendenti": magari poveri, ma felici. Spensierati, ma schiavi.

Quello stesso Stato che ti fa da papà e da mamma anche a 40 anni. In soldoni, quello Stato socialista egualitario a tutti i costi. Che fa male, malissimo, alla libera impresa. Al capitalismo. Al denaro. A quel mercato culla della civiltà occidentale. Quindi, dal suo punto di vista, il ragionamento è chiaro: bisogna tassare chi produce. Chi si spacca la schiena. E premiare chi non produce. Chi non fa nulla. Chi si allepra sul divano. Chi si imbosca. Chi non prende rischi e responsabilità magari davanti alle banche.

"Chi ha di più, deve dare di più", aggiunge l’ex dem. Peccato che se tagli le gambe a chi crea Pil, tutto verrà giù come un castello di carte. "Credo che con questa crisi debba essere riscritto l’intero sistema fiscale. In chiave di fedeltà e progressività". L’ex ministro ci vuole tutti servitori dello Stato. Magari tutti ligi al dovere supremo.

Ma iloti disgraziati, senza libertà.

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