Bolidi e quadri in vendita così i figli "salvano" Gnutti

L'obiettivo è risanare la finanziaria Gp, di cui sono soci col padre per revocarne la liquidazione. Ma il piano costerà 31 milioni

Bolidi e quadri in vendita così i figli "salvano" Gnutti

Spesso sono i figli a sperperare i soldi accumulati nel tempo dal padre. In questa storia il destino ha preso una strada diversa: gli eredi devono mettere all'incanto il tesoro di papà per non far morire quel che resta di un impero. E a fare ancora più notizia è che la famiglia in questione ha un nome assai noto alla finanza italiana. Stiamo parlando degli Gnutti.

Oggi i vecchi sodali gli hanno girato le spalle e Emilio Gnutti, per gli amici Chicco, in giro si fa vedere poco. Ma a 68 anni il raider bresciano ha deciso di fare i conti con il passato, chiudendo quelli rimasti aperti con il fisco e le banche. La parcella è salatissima: 31 milioni di euro. È questa, infatti, la cifra indicata nel piano di ristrutturazione dei debiti della Gp Finanziaria, il cui timone oggi è stato affidato al figlio Thomas. La società, un tempo crocevia degli affari di papà, è stata messa in liquidazione nel 2013 dopo essere zavorrata da una sanzione di oltre 121 milioni ricevuta dall'Agenzia delle Entrate per un'indebita deduzione di costi sull'Ires relativa al 2006.

Il piano punta dunque a garantire la continuità aziendale, sostenere finanziariamente le due aziende ancora partecipate (Pineider e la Società Italiana Lastre) salvaguardandone anche i livelli occupazionali, soddisfare i debiti con il fisco e quelli con i sistema creditizio (in primis con Mps, Unicredit, Banco Popolare e Banco di Brescia). Dove verranno trovati i soldi? Nel documento depositato nella banca dati della Camera di Commercio, si legge che la provvista sarà reperita utilizzando la liquidità a disposizione oggi di Gp pari a 1,3 milioni di euro più 3 milioni versati dai soci (ovvero lo stesso Gnutti, il figlio Thomas e la figlia Arianna con il 33,3% del capitale ciascuno) ma soprattutto ricorrendo alla vendita di una parte del tesoro accumulato negli anni dal raider bresciano per un totale di quasi 21 milioni di euro. In quelle che nelle carte vengono definite come «proventi da dimissioni di asset aziendali» rientrano la vendita di 9,5 milioni fra auto d'epoca e immobili, la cessione di altri 9,9 milioni fra palazzi e partecipazioni azionarie alla Agrifoglio srl (controllata dallo stesso Gnutti) e la vendita di opere d'arte e oggetti di arredo da parte della Gp allo stesso Gnutti a fronte di un prezzo di acquisto pari a 1,5 milioni. Nel calderone si trova di tutto: dalle Ferrari, Porsche e Bentley d'epoca fatte sfilare alla Mille Miglia, di cui per anni Gnutti fu tra gli animatori, a due pianoforti e a decine di quadri. Il più costoso? Un'opera di Angelo Inganni che raffigura la scalinata di Piazza Mercato a Brescia sotto la neve, del valore di 258mila euro.

Non solo. La Gp ha chiuso anche i conti con il fisco: lo scorso 12 giugno, Gnutti ha firmato la promessa di versamento a fondo perduto per 3 milioni e quattro giorni dopo è stata siglata la transazione con l'Agenzia delle Entrate, versando 19,4 milioni di euro. Quanto alle banche, a fronte di un indebitamento di circa 83 milioni, la società prevede di sistemare la partita versando 10,3 milioni da mettere in insieme con il realizzo dei pegni sui titoli quotati e non, più altro 4 milioni da incassare con la vendita di parte dei beni accumulati negli anni.

Nella prima fase del piano, dunque, Gp conta di raccogliere più di 31 milioni che finiranno per 19,4 milioni al fisco e per 11,5 milioni alle banche. L'obiettivo è rimanere con un patrimonio netto di 12, 2 milioni per revocare lo stato di liquidazione e passare alla seconda fase del risanamento da realizzarsi entro il 31 dicembre del 2020. Ovvero rilanciare Sil (produce lastre in fibrocemento per l'edilizia) e soprattutto Pineider, la storica griffe di articoli di cartoleria e pelletteria che ancora oggi occupa 27 dipendenti e ha bisogno di circa 3,5 milioni per ripartire.

Cosa rimarrà nelle casse della Finanzaria Gp? Oltre alle due società controllate, gli immobili di corso Zanardelli a Brescia per un valore di circa 13 milioni e poi le due controllate Pineider e Sil. Gnutti può inoltre contare ancora sulla Agrifoglio, l'srl che custodisce le altre sue proprietà immobiliari come i terreni o i grandi fondi nel centro di brescia affitatti a marchi della moda, da Stefanel a H&M. Non solo. Nel 2009 Chicco ha costituito una nuova società, la Aton Spa, con il solito sistema: un pacchetto consistente in capo alla sua famiglia, più una serie di imprenditori bresciani a portare soldi. Il 2014 è stato chiuso in perdita per oltre 2,1 milioni di euro rispetto all'utile di 280mila euro dell'esercizio precedente. Ma il 2015 è partito bene: il trading ha fruttato 600mila euro di proventi netti ai soci. Il passivo dell'anno scorso era dovuto principalmente alla svalutazione di un milione sulla quota dell'1,6% in Intermedia Holding, società guidata dall'ex numero uno di Unipol, Giovanni Consorte, che con Gnutti era stato fra i protagonisti nel 2005 della scalata a Antonveneta-Bnl.

Le basi per ripartire, insomma, ci sono. Affidando il timone del futuro ai figli. L'ultima sfida per Chicco, che da giovane si arrangiava vendendo fotocopiatrici per mantenere la famiglia e poi ha scoperto la finanza. Un metodo più veloce per far soldi ma anche per perderli.

C'erano una volta le assemblee affollatissime di Hopa, la finanziaria di Emilio Gnutti in cui un tempo erano custodite le partecipazioni strategiche accumulate dal raider bresciano, a cominciare dalla quota posseduta in Olimpia, primo azionista di Telecom. Fu Hopa il cavallo di Troia dell'assalto al colosso delle tlc mosso nel '99 dalla «razza padana» insieme a Roberto Colaninno. Ma cosa era la razza padana e perché ha segnato una stagione del nostro capitalismo? In un articolo del 2005, Enrico Cisnetto la definisce «un'etichetta con cui si voleva la fenomenologia di uomini d'affari concreti, lontani sia dai “salotti buoni” di stampo meneghino sia dai “palazzi romani” del potere politico». Insomma, gente ruspante, che ignora i congiuntivi e le pierre, ma che vale per il denaro che ha accumulato. Gnutti mette su un vero e proprio sistema convincendo i ricchi delle valli bresciane che nelle sue mani i loro soldi avrebbero reso molto di più di qualunque altro investimento. L'Opa Telecom fu la consacrazione.

Ma i sogni alla fine sono rimasti schiacciati dalle perdite causate proprio dalla svalutazione della quota in Olimpia-Telecom (2 miliardi e mezzo bruciati in tre anni). E Gnutti ha dovuto dire addio alle grandi ambizioni.

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