Per Beppe Sala è «il solito fango», una questione «surreale». Certo è che dopo le svariate amnesie dell'ex commissario Expo venute alla luce durante la sua campagna da sindaco del Pd a Milano - dalla casa a Sankt Moritz alle società in Romania e in Puglia non dichiarate in atti pubblici - ieri persino qualche esponente di sinistra ha preso almeno col beneficio del dubbio le indiscrezioni sul numero di Panorama in uscita oggi. Secondo il settimanale, Sala sarebbe incandidabile perché le sue dimissioni da commissario di governo non sono ancora state ufficializzate. Sarebbe ancora in carica e quindi, secondo la legge Severino, automaticamente escluso dalla corsa. Certamente non è più amministratore delegato. Su richiesta dei soci rimase in carica più a lungo: l'assemblea del 25 gennaio venne tenuta aperta fino al 9 febbraio (tre giorni dopo le primarie del Pd) e quel giorno fu senza dubbio l'ultimo da ad. Ma sui poteri commissariali c'è quantomeno un giallo.
Le dimissioni «inviate al cda di Expo lo hanno fatto automaticamente decadere anche da commissario» è la linea dello staff. Mentre monta il caso, ieri mattina, «fonti di Palazzo Chigi» sottolineano come «la lettera di dimissioni sia stata inviata il 15 gennaio 2016 e protocollata dalla presidenza del Consiglio il 18 gennaio. In questi casi un atto formale di dimissioni è già pienamente efficace e non occorre alcun adempimento». Diversa è l'opinione di Panorama e di «fonti vicine al centrodestra». In base alla giurisprudenza, non basta una letterina di dimissioni per far decadere automaticamente un commissario che ha avuto il potere - per dire - di assegnare senza bando pubblico appalti milionari e disporre dello spostamento sul sito Expo di 1.200 agenti di sicurezza messi a disposizione dalla prefettura. Poiché è stato nominato da un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, per interrompere l'incarico, nominare un sostituto ad interim o un nuovo commissario servirebbe «un atto formale di pari efficacia costituzionale», ossia un nuovo Dpcm. Ma Matteo Renzi avrebbe dovuto firmarlo prima delle ore 12 di sabato scorso (la scadenza per depositare le candidature alle Comunali) per evitare a Sala il rischio di incandidabilità. Ci sarebbero già movimenti in corso a Milano per un ricorso che blocchi la sua corsa alla guida di Palazzo Marino.
Il giallo si infittisce, peraltro, di fronte al «Rendiconto Esercizio 2015» della società firmato dal «titolare della Contabilità speciale» - Giuseppe Sala - in data 3 febbraio, almeno due settimane dopo le presunte dimissioni protocollate a Roma dalla presidenza del Consiglio.
Ad agitare Expo c'è un altro documento anticipato da Panorama (si può scaricare anche dal sito di Cassa e Depositi e Prestiti). Si tratta della «Dichiarazione sulla sussistenza delle cause di inconferibilità e incompatibilità» che secondo la legge Sala ha dovuto firmare lo scorso 28 ottobre per ottenere un posto nel consiglio di amministrazione di cassa Depositi e Prestiti. Al punto 7, tra le cause di conflitto di interessi è previsto esplicitamente l'incarico di commissario governativo. Ma nega di trovarsi in quella situazione. Un altro falso in atto pubblico (o un'altra «dimenticanza»?).
Lo sfidante del centrodestra Stefano Parisi non cavalca la polemica: «Vorrei la fiducia dei milanesi e non la sfiducia nei confronti del mio avversario».
Il candidato del Movimento 5 Stelle Gianluca Corrado invece vuole andare a fondo: entro domani «depositeremo un ricorso urgente al Tar su entrambe le questioni, dovrà pronunciarsi entro 3 giorni lavorativi, quindi entro il 18 maggio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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