Dal j'accuse al ramo d'ulivo nell'arco di sei ore. Il sindaco di Milano segna una svolta nei rapporti (tesi da settimane) con la Regione e annuncia al Consiglio comunale, convocato per la prima volta nella storia di Palazzo Marino in diretta streaming, di avere «appena inviato una lettera al governatore Attilio Fontana per offrirgli la mia collaborazione per la ripartenza». Quasi in contemporanea, nell'aula regionale il Pd si batteva per «commissariare» quella che resta la sanità migliore d'Italia, anche al netto dell'emergenza Covid. Uno tsunami che altrove avrebbe costretto a fare conti ancora più drammatici. Per comprendere la giravolta e lo smarcamento di Sala dai dem occorre riavvolgere il nastro della giornata. Ieri alle dieci del mattino ha aperto il videomessaggio giornaliero ai cittadini su Facebook con toni polemici. Fontana ha annunciato l'avvio della «fase 2» dal 4 maggio. Sala riferisce che una settimana fa proprio la Regione gli aveva «detto che la situazione a Milano era molto preoccupante, mi avevano chiesto di immaginare un'ulteriore stretta, abbiamo verificato anche l'ipotesi di chiudere i mezzi di superficie». E «nel weekend di Pasqua ricordate gli sguardi terrei di fronte ai numeri del contagio e l'allarme su Milano. La Lombardia a differenza di altre regioni non ha nemmeno riaperto le librerie. Ora, l'annuncio che vuole riaprire dal 4 maggio. Cosa è successo?». La «personale» spiegazione ai cittadini «è che ieri Matteo Salvini ha detto che gli italiani sono stufi di stare a casa e la Regione ha eseguito». E bolla come «uno slogan» la regola delle 4D (distanza, dispositivi, digitalizzazione e diagnosi) annunciata da Fontana per la riapertura graduale.
Sa altrettanto bene Sala che ancor prima che il virus maledetto dalla Cina varcasse i confini europei sono state le regioni del nord, e la Lombardia in primis, ad anticipare e guidare le mosse del governo. Angela Merkel ha annunciato la «fase 2» dal 4 maggio in Germania («bisognerà imparare a convivere con il virus»), Francia e Spagna ci lavorano. E mentre la sinistra lombarda e l'eurodeputato Pd Pierfrancesco Majorino invocano il commissario, Sala alle 16 si smarca e chiede di sedersi al tavolo. «Caro Attilio - si apre la lettera - Milano e la Lombardia stanno vivendo momenti difficili e cruciali per il loro futuro. Pur confermando le critiche che ho mosso alla Regione sull'idea di riapertura del 4 Maggio, intendo manifestarti e confermarti la mia disponibilità a collaborare da subito per costruire insieme le condizioni necessarie alla gestione della crisi e all'uscita dall'emergenza», a «condividere un percorso chiaro di pianificazione che permetta il ritorno al lavoro dei nostri cittadini». Sottolinea che gli enti «di cui siamo responsabili hanno sempre trovato il modo di collaborare per il bene superiore dei cittadini», e «la gestione della pandemia richiede che si mettano in comune le nostre migliori risorse per affrontare temi che riguardano l'intera vita sociale, economica, culturale e assistenziale dei nostri territori».
Anche se si sarebbe aspettato «una chiamata prima di una comunicazione così importante». La capogruppo di Fi alla Camera Maristella Gelmini legge «positivamente la lettera, Milano è abituata al fare, bisogna pensare a un piano per la ripartenza e il sindaco non può essere spettatore».
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