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Caso Csm, rissa tra magistrati. Terremoto ai vertici dell'Anm

La pubblicazione degli atti dell'inchiesta di Perugia scatena la resa dei conti. Poniz e Caputo si dimettono.

Caso  Csm, rissa tra magistrati. Terremoto ai vertici dell'Anm

Alla fine, la bufera che sta investendo la magistratura italiana in seguito all'inchiesta sul Csm esplode anche all'interno della struttura-simbolo delle toghe italiane: l'Anm, il sindacato dove si ritrovano e si scontrano le correnti che da sempre animano il mondo dei tribunali. Le ultime rivelazioni, scaturite dal deposito delle intercettazioni effettuate nel corso dell'inchiesta della Procura di Perugia, trasformano in uno psicodramma la seduta di ieri del Comitato direttivo centrale, l'organo esecutivo dell'Anm. Per dieci ore, collegati via Internet, i membri del comitato si scontrano frontalmente, in uno scontro dove - per schematizzare - a fare la voce grossa è Magistratura Indipendente, la corrente di destra che più pesantemente fu colpita un anno fa dall'inchiesta di Perugia. E che ora, con qualche ragione, sostiene di avere pagato un prezzo troppo alto per colpe che non erano solo sue. Per ore il gruppo dirigente resiste all'attacco, ma alla fine arriva la resa. Si dimette Luca Poniz, il pm milanese che un anno fa, proprio in seguito allo scandalo arrivò alla presidenza dell'Anm: prese il posto di Pasquale Grasso, moderato di Mi, costretto alle dimissioni dall'alleanza di tutte le altre correnti. «Vi rispetto più di quanto voi rispettiate me», disse Grasso nel suo accorato discorso d'addio. Poniz, esponente della sinistra di Area, venne eletto in nome del rinnovamento.

Per mesi, dopo quei giorni tormentati, l'inchiesta era sparita dalle pagine dei giornali: e di rinnovamento, di nuove regole, di superamento delle correnti, si era smesso di parlare. Con il risultato che nomine cruciali di capi degli uffici giudiziari erano tornate a venire spartite secondo la vecchia logica. Ma il deposito degli atti conclusivi dell'inchiesta di Perugia ha scatenato una nuova, e più violenta tempesta: perché si è scoperto come il sistema riguardasse non solo Magistratura Indipendente ma l'intero sistema delle correnti.

Così Mi nei giorni scorsi aveva chiesto con insistenza che i giudici italiani tornassero a votare i loro rappresentanti. Subito, non a ottobre come voleva la maggioranza. Ad opporsi con più forza alla richiesta, insieme al correntone centrista di Unicost (quello di Luca Palamara, la figura centrale dell'inchiesta di Perugia) era stata Area, la corrente progressista di cui fa parte anche Magistratura democratica. Ma Area è stata investita in pieno dalle ultime rivelazioni. Così prima ha reagito con un comunicato in cui pur ammettendo che «il nostro gruppo in passato non è stato estraneo a certe pratiche» proclamava la sua indignazione per operazioni mediatiche per accreditare la falsa idea secondo cui le vicende dell'albergo Champagne (il luogo clou delle intercettazioni) coinvolgerebbero tutti i gruppi della magistratura», poi ha premuto perché l'Anm chiedesse (non si capisce in base in quale veste) di avere accesso diretto agli atti dell'inchiesta. Alla fine ieri, esausto, Poniz si dimette. Con lui se ne va il segretario del comitato, Giuliano Caputo di Unicost. L'unico membro della giunta che resta in carica è Cesare Bonamartini, un uomo della corrente di Piercamillo Davigo, il «dottor Sottile» del pool Mani Pulite che questo psicodramma ha catapultato al potere: e che ha già fatto sapere di voler restare al suo posto nel Csm anche quando, al compimento dei settant'anni, dovrebbe andare in pensione.

In questo marasma, il disorientamento della base, dei tanti magistrati lontani dai giochi romani, ribolle nelle mailing list delle correnti. E su tutto lo sconfortante scenario incombono le parole con cui proprio ieri Claudio Martelli, ex ministro socialista della Giustizia, sferzava l'Anm: «Fa mercimonio di nomine, promozione, carriere, elezioni Csm e perfino sentenze. Dove siamo? L'Anm andrebbe sciolta.

Anm, stampa amica e 5 Stelle mi ricordano la triade cinese».

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