I bambini stranieri che arrivano in Italia e in Grecia non sono tutelati a sufficienza. I minori non accompagnati restano troppo a lungo negli hotspot, le strutture di prima accoglienza. E qui non viene garantito loro un sufficiente livello di sicurezza. È una denuncia pesante quella sollevata dall'Europa nei confronti dei paesi di arrivo degli stranieri in fuga dalla guerra e dalla fame. Le accuse all'Italia, che riguardano anche la Grecia (ovvero i paesi europei più immediatamente sottoposti alla pressione migratoria), sono raccolte nella Relazione curata dalla Corte dei Conti della Ue che ha monitorato il sistema di accoglienza organizzato in hotspot, punti di crisi. Accuse ribadite da Claude Moraes, presidente della Commissione per le libertà civili Ue e da Catherine Woollard, segretario generale del Consiglio Europeo per i Rifugiati.
Sul quotidiano inglese The Guardian la Woollard definisce il trattamento dei minori «uno dei più vergognosi aspetti della crisi dei rifugiati» mentre Moraes parla esplicitamente del rischio di abusi e di sfruttamento per i più indifesi. Per Hans Gustaf Wessberg, curatore dello studio «il trattamento riservato ai minori non accompagnati deve essere posto come questione urgente».
Nella Relazione si riconosce che grazie agli hotspot in Italia e Grecia sono state velocizzate le procedure di registrazione, identificazione e i controlli di sicurezza. Molto però deve essere ancora fatto. Alla fine del settembre 2016, erano presenti in Italia circa 20.000 minori non accompagnati e le strutture nelle quali erano ospitati sono state giudicate totalmente inadeguate. «Alla fine del 2016, vi era ancora una carenza di strutture adatte ad alloggiare minori non accompagnati e a trattare questi casi in linea con le norme internazionali, sia negli hotspot che al successivo livello di accoglienza», ha dichiarato Wessberg che chiede venga nominato un responsabile della protezione dei minori per ciascun sito. La Corte dei conti riconosce però che l'intoppo, il collo di bottiglia della ricollocazione dei richiedenti asilo da Italia e Grecia, è conseguente allo scarso impegno degli altri Stati membri. Secondo i dati della Corte Ue a fronte della necessità di ricollocare dall'Italia negli altri Stati membri 34.953 migranti a settembre 2016 erano stati presi impegni formali soltanto per 3.809 persone. Situazione ancora più calda in Grecia dove ai nuovi arrivati non viene più consentito, dal marzo 2016, di partire verso la Grecia continentale. Oltretutto l'opzione della ricollocazione non è più disponibile, ed i rimpatri vanno per le lunghe. Di conseguenza, in Grecia vi sono più migranti che arrivano negli hotspot di quanti ne vadano via e i centri sono sovraffollati.
In Italia le cose sembrano funzionare un po' meglio ma comunque il nostro paese è gravemente in ritardo. Entro dicembre 2015 le strutture operative avrebbero dovuto essere sei mentre al momento ne funzionano soltanto 4: Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto. Il risultato è che sette migranti su dieci sono sbarcati al di fuori degli hotspot con la conseguenza di una incompleta o addirittura mancata registrazione ed identificazione. Procedure bloccate che poi finiscono per rendere più difficili anche i rimpatri come sottolinea la Relazione: «le difficoltà strutturali in relazione all'attuazione dei rimpatri, individuate e descritte dalle autorità italiane includono la limitata capienza dei centri e la mancanza di cooperazione da parte dei paesi di origine».
Il rapporto ha già suscitato polemiche, a partire da Renzi che si è scagliato contro la Ue. La Commissione di Bruxelles ha replicato come ha sempre fatto in caso di polemiche simili, con promesse (vaghe) di nuovi aiuti.
«Incoraggiamo le autorità italiane a espandere gli hotspot e le capacità di accoglienza dei migranti -ha detto la portavoce Natasha Bertaud- la Commissione pronta a fornire ulteriore assistenza finanziaria e tecnica se necessario».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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