Milano Il parziale dietrofront salviniano è merito dell'irrigidimento dei Cinquestelle o dell'apertura del Pd nei confronti di una nuova maggioranza rosso-giallo? Ovviamente negli uffici (pressoché vuoti) del Nazareno si pensa a un merito dei democratici. Di coloro che hanno aperto una porta per quel dialogo coi grillini che era mancato nel marzo dello scorso anno. Insomma non sarebbe merito di Di Maio e del suo «ormai la frittata è fatta», ma di quel Mazarino democrat che si è inventato un «lodo» battezzato col suo stesso nome. Goffredo Bettini, in fondo, ha già creato governi e giunte capitoline. A lui si riconosce la paternità di sindaci e segretari Pd. Ultimo caso proprio Nicola Zingaretti, portato al vertice della segreteria per la sua qualità di «fare sintesi». E quindi può risultare logico spiegare l'accodarsi mansueto del segretario a quanto detto da Bettini che sulle pagine del Corriere della Sera ha sdoganato il «lodo» che permetterebbe al Pd di ritornare al tavolo delle trattative con i rappresentanti del Movimento fondato da Beppe Grillo.
L'ultimo sigillo a questa eventualità lo offre Graziano Delrio. L'ex ministro del governo Renzi dice che l'accordo con i pentastellati si può fare. Si può immaginare qualcosa di simile a quanto fatto in Germania dove Cdu e Spd si sono accordati mettendo per iscritto un patto di governo. Bisogna, dice Delrio, individuare le priorità del Paese e trovare le convergenze su come affrontarle. E poi mettere tutto nero su bianco. Glissando, però, sul fatto che si tratti di qualcosa non molto dissimile in sostanza da quanto fatto a fine maggio scorso quando è diventato realtà il governo giallo-verde, con tanto di programma.
I piddini, insomma, tirano dritto con i cosiddetti «pontieri» (Orlando e Zanda) disposti a far proseguire il dialogo con i grillini e non si curano delle parziali manovre di retromarcia del leader leghista. Sulle giravolte salviniane si permette il solito sarcasmo Matteo Renzi. «Una persona seria, dopo aver perso, si dimette - commentava ieri a proposito della nuova apertura di Salvini a Di Maio -. Costa fatica, lo so bene. Ma dimettersi è un gesto di dignità. Salvini non sa che cosa sia la dignità, impaurito com'è». E aggiunge orgoglioso che la raccolta firme per sfiduciare il ministro dell'Interno è già arrivata a quota 60mila. Insomma i sfruttando ogni occasione. Poi, intervistato da Le Monde, lo stesso ex premier aggiunge: «Bisogna evitare il ritorno alle urne. La Lega sta perseguendo una linea di estrema destra che ritengo inaccettabile», finendo col giudicare questa «la crisi più folle del mondo».
E mentre Delrio continua a sostenere che il partito si presenterà compatto di fronte a Mattarella fuori dal coro emerge la solita voce di Carlo Calenda che su Twitter boccia in modo lapidario il lodo Bettini: «La politica delle giravolte ha distrutto la credibilità della politica».
Chiamato in causa, il segretario Zingaretti resta cauto senza esporsi.
Parla sì di «voto dopo la fallimentare stagione populista» ma anche di un «no secco a un governo pasticciato e di corto respiro», restando disponibile per soluzioni alternative. «Solo nello sviluppo dell'eventuale crisi di Governo sotto la guida autorevole di Mattarella - dice - si potranno verificare le condizioni numeriche e politiche di un altro esecutivo».
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