Il bollettino di guerra non è finito. Il tasso di disoccupazione giovanile (riguarda i ragazzi/e con età compresa fra i 15 ed i 24 anni) è salito al 44,2%. Si tratta del dato peggiore di sempre. Cioè, da quando l'Istat ha iniziato a fotografare la serie storica. Era il 1977.
Per giustificare il dato fortemente negativo, l'Istituto centrale di statistica offre un appiglio al governo. Nella sostanza spiega che l'aumento della disoccupazione giovanile è legata ad un fenomeno sociale: la riduzione dei cosiddetti «inattivi», ragazzi che non studiavano e non cercavano lavoro. Questi «delusi» sono diminuiti di 131mila unità. E, visto che si sono affacciati nel mondo del lavoro (senza trovare occupazione), la loro presenza ha fatto aumentare il dato della disoccupazione giovanile.
Di fronte al dato che ha gelato le speranze di una ripresa occupazionale, favorite dai buoni risultati di aprile, il governo va in ordine sparso. Matteo Renzi prova a vedere il bicchiere mezzo pieno. «I dati sull'occupazione sono ancora timidi - dice - ma incoraggianti. Le ultime rilevazioni fanno sperare che il Pil sia positivo anche nel trimestre aprile-giugno, lo scopriremo il 14 agosto. Il quadro è ancora molto lontano da quello che vogliamo che diventi, ma la direzione è quella giusta». E più direttamente sui dati Istat, osserva: «noto che crescono sia i disoccupati sia gli occupati: significa che aumenta il numero delle persone che cercano lavoro. È un piccolo segnale, ma c'è». Insomma, sposa la tesi fornita dall'Istat.
Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, la vede in modo diverso. «I numeri di giugno - osserva - confermano che siamo di fronte a dati soggetti a quella fluttuazione che caratterizza una fase in cui la ripresa economica comincia a manifestarsi». Insomma, anche lui vede il dato Istat come un elemento propedeutico ad un'evoluzione positiva.
E Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, abbozza una spiegazione tecnica, da economista qual è. «È ingiustificato emettere giudizi definitivi sugli effetti della riforma del lavoro o della politica economica del governo in questo momento», osserva. E spiega. «Quando l'economia si rimette in moto prima tornano al lavoro i cassaintegrati, poi si aprono gli spazi per i disoccupati». Non a caso - ricorda - la cig, è «scesa velocemente». La creazione di posti di lavoro - aggiunge - segue «di circa 6 mesi» la crescita economica. E questo, traduce Taddei, significa che «gli effetti più forti sull'aumento dell'occupazione li potremo vedere nella seconda metà del 2015».
In primis , però, Taddei deve spiegare le sue teorie economiche ad Erica D'Anna, senatrice del Pd.
«I dati dell'Istat - osserva l'esponente della minoranza interna - dovrebbero dare una mossa al governo: Jobs Act e legge di Stabilità non hanno prodotto i risultati sperati».Più o meno le stesse tesi di Renato Brunetta e della Cgil. Fabrizio Cicchitto (Ncd) auspica una scossa al sistema. E per Mara Carfagna i dati Istat «gelano i sogni di gloria di Renzi».
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